
Il fratello chiese: “Se un uomo colpisce il suo servo per una colpa da lui commessa, cosa deve dire il servo?”.
L’anziano rispose: “Se è servo buono, dirà: – Abbi pietà, ho peccato“.
“Non dirà nient’altro?”
Dice l’anziano: “No. Dal momento in cui prende su di sé il rimprovero e dice: – Ho peccato, il suo padrone ha subito pietà di lui. Conclusione   di tutto questo è: non giudicare il prossimo. Infatti quando la mano   del Signore uccise ogni primogenito in terra d’Egitto non rimase casa in   cui non vi fosse un morto” (Cf. Es 12,30).
Dice a lui il fratello: “Che cosa significa questo?”
“Significa – dice l’anziano – che, se  prestiamo attenzione a  guardare i nostri peccati, non vediamo quelli  del prossimo. Sarebbe  follia se un uomo che ha in casa il proprio  morto, lo lasciasse, per  andare a piangere quello del prossimo. Morire  al prossimo significa che  tu porti i tuoi peccati e non ti preoccupi di  nessuno, se questo è  buono, o quest’altro cattivo. Non fare del male a  nessuno, e non pensare  contro alcuno nulla di male nel tuo cuore. Non  disprezzare chi commette  il male, non accondiscendere a chi fa del male  al suo prossimo (Cf. Sal 14,3) e non gioire con chi fa del male al suo prossimo. Non dire male di nessuno; di’ invece: – Il Signore conosce ogni uomo (Cf. Gv 2,24). Non essere complice di chi fa maldicenza, non rallegrarti di ciò che egli dice, ma non odiare chi parla male del prossimo (Cf. Sal 100,5).   Questo è non giudicare. Non avere ostilità verso nessuno, non   conservare inimicizia nel tuo cuore e non odiare chi nutre inimicizia   contro il suo prossimo. La pace è questo. In tutto ciò consolati con il   pensiero: la fatica dura breve tempo e il riposo per sempre, grazie al   Verbo di Dio. Amen”.


  
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