martedì 19 novembre 2024

COME È STATA QUASI ESTINTA LA LINGUA ARBËRESH IN GRECIA


 Quando il moderno stato greco fu costituito come “Stato” duecento anni fa, dopo la rivolta degli Arvaniti-Arbëresh del 1821, i monarchici occidentali, influenzati dalle ideologie razziste ariane, inventarono il “Regno di Grecia” come istituzione razziale di interesse "puro" degli antichi greci nonostante non abbia nessuna continuità con quelli!

Dall'Empire Newspaper (Sydney, Australia) 5 Maggio 1863 leggiamo:
"Atene era solo un villaggio albanese. Quasi tutta la popolazione dell'Attica è considerata ed è composta da albanesi. A tre leghe di distanza (14,5 Km) dalla capitale ci sono villaggi che capiscono a malapena il greco."

Siccome la popolazione del nuovo stato greco appena imposto era formata per la maggior parte da Arvaniti-Arbëresh Ortodossi il re tedesco Otto impose alla popolazione albanese della “Grecia” la nuova falsa identità greca da lui creata, iniziò così una forte persecuzione della lingua Arbëresh, fece chiudere tutte le scuole Arbëresh e impose che vi fosse insegnata solo la lingua greca.

Traduzione del video:
《Ho vissuto in Grecia e un prete mi ha detto: "In prima elementare non parlavo greco. Per ogni parola Arbëresh che pronunciavamo gli insegnanti ci colpivano 20 volte la mano destra e 20 volte la mano sinistra con un bastone e le mie piccole mani si gonfiavano come bolle."

Conosco storie terrificanti da parte di Arvaniti-Arbëresh che abitano in Grecia, da parte di giovani e di anziani, e di storie che gli hanno anche raccontato i loro nonni, su che tipo di guerra orribile hanno fatto (i greci) per far sparire la loro lingua Arbëresh!

Era a questo punto che andavano davanti casa degli Arvaniti-Arbëresh e li chiamavano per nome da fuori, per esempio: "Oh Stavro ku je?" (Oh Stravo dove sei?), se gli rispondevano in Arbëresh: "Ktu jam" (Sono qui), entravano nelle loro case e li picchiavano.

"Hanno picchiato mio padre davanti ai miei occhi", mi ha detto un anziano Arvanita, "solo perché lui rispondeva in Arbëresh."

Questo dimostra che il "cosiddetto Stato greco", dopo la rivoluzione Arvanita del 1821 e dopo che hanno ucciso tutti gli eroi e i capitani Arvanite-Arbëresh, in un modo falso l'hanno chiamata rivoluzione greca!

Dopo che hanno ucciso tutti gli eroi Arvaniti hanno lasciato solo il Capitano Arvanita Kolokotronis che era cieco ed è morto in una cella dopo il suo terzo arresto. Quindi in un certo senso era già morto!...》




sabato 16 novembre 2024

BESA JON ARBËRESH 🇦🇱

 

🌿 Sapevi che gli imperatori dell'Impero Romano Ortodosso d'Oriente (Bizantino), da Costantino il Grande a Giustiniano il Grande fino ai Comneno erano tutti di dinastia Illiro-Macedone cioè Albanese-Arbëresh? 

Tra i discendenti dei Comneno vi era la moglie dell'eroe Albanese Gjergji Skanderbeu, Andronica Arianiti Comneno, figlia di Gjergj Arianiti Comneni e di Maria Muzaka della tribù Albanese d'Epiro dei Molossi discendenti di Alessandro Magno.

Dopo la presa di Costantinopoli da parte dei Turchi, l'Arbëria 🇦🇱, che si estendeva dal Montenegro fino alla Morea, fu l'unico stato Cristiano Ortodosso discendente degli Imperatori dell'Impero Romano Ortodosso d'Oriente (Bizantino) a mantenere salda l'Ortodossia e la bandiera pelasga-albanese dell'Aquila Bicefala 🇦🇱.

🇦🇱☦ "L'impero Bizantino era l'impero illirico e non quello dei greci nel Medioevo, come prevale l'opinione, perché nel Medioevo non esistevano greci ellenici." (Gustave Glotz. Storico francese)

DIO HA IN MANO LA SPADA DI SALOMONE

 

 La Spada di Salomone, che l'Abuna (vescovo della Chiesa Ortodossa etiope Tawahedo) benedisse per l'ultima volta, la pose davanti al Leone di Giuda che si alzò per riceverla.

 "Con questa spada renderai giustizia", ​​gridò l'Abuna...

 “Proteggerai la Santa Chiesa, soccorrerai la vedova e l'orfano e quanti sono oppressi dall'ingiustizia; restaurerai tutto ciò che è in rovina e manterrai tutto ciò che restaurerai. Con questa spada castigherai i malvagi e renderai onore ai giusti; e ogni azione che farai sarà al servizio di Cristo Gesù nostro Salvatore."

 "Dio mi renda degno", rispose l'Imperatore, cingendosi la spada al fianco.

Benedetto sia il Re dei Re Haile Selassie, Cristo nostro Vero Dio.

venerdì 15 novembre 2024

ELMO FRIGIO ⚔

 

I Brigi o Frigi erano un'antica tribù albanese che occupavano l'odierna Albania centrale e alcune parti dell'Epiro e della Macedonia. I Brigi vengono anche menzionati negli scritti storici di Erodoto, che li collega ai Frigi, affermando che secondo i Macedoni, i Brigi per uno scambio fonetico furono chiamati Frigi dopo essere migrati in Anatolia, un movimento che si pensa sia avvenuto tra il 1200 a.C. e l'800 a.C. forse a causa del crollo dell'età del bronzo, in particolare la caduta dell'impero ittita e il vuoto di potere che si era creato.

L'elmo frigio, che appunto prende il nome dall'antica tribù albanese dei Frigi, è uno dei tipi di elmo più riconoscibili utilizzati dalla fanteria frigia dell'antichità che distingueva questa tribù.

La caratteristica più sorprendente dell'elmo frigio, che riprendeva il design del loro tipico cappello ancora usato oggi dalla tribù albanese Çam dell'Epiro, è il suo "lobo" curvato in avanti, che forma la caratteristica forma arrotondata. Questa non era solo una scelta estetica, ma anche un design pratico che offriva alcuni vantaggi sul campo di battaglia aiutando a deviare i colpi verso il basso o taglienti, come quelli della Sica (THIKA), una spada con lama curva in avanti.

L'estensione a forma di barba sull'elmo frigio era progettata per fornire una protezione extra al viso e al collo. Ciò era particolarmente importante per il combattimento ravvicinato, poiché salvaguardava le aree vulnerabili pur consentendo un ampio campo visivo. Il design creava un equilibrio tra mobilità e protezione, assicurando che la visuale di chi lo indossasse non fosse ostruita da un'armatura eccessivamente pesante. L'estensione a forma di barba forniva anche una maggiore protezione del viso rispetto a un semplice elmo rotondo o a punta, e questo era fondamentale per i soldati che combattevano in formazioni dense o quando affrontavano avversari con armi simili o più pesanti.

La distinta "forma curva" dell'elmo è stata una delle ragioni principali per cui è diventato ampiamente utilizzato, poiché ha dato ai soldati un mix di difesa pratica e libertà di movimento. Nonostante la sua evoluzione nel tempo, gli elmi in stile frigio hanno influenzato i successivi modelli di elmi, tra cui i copricapi militari romani.

L'elmo frigio è una testimonianza dell'evoluzione della tecnologia militare della guerra antica, bilanciando difesa e flessibilità per i guerrieri che avevano bisogno di impegnarsi sia nel combattimento ravvicinato che a distanza.0

giovedì 14 novembre 2024

PIANO DALET: IL GENOCIDIO PALESTINESE

 


Il 10 marzo 1948 un gruppo di 11 dirigenti sionisti assieme a ufficiali militari ebrei, organizzarono la pulizia etnica! 

La stessa sera venivano trasmessi gli ordini di effettuare i preparativi per l'espulsione dei palestinesi. 

Gli ordini erano accompagnati da una minuziosa descrizione dei metodi da usare per cacciare via la popolazione con la forza: intimidazioni; assedio e bombardamento di villaggi e centri abitati; incendi di case e proprietà; espulsioni; demolizioni e infine collocazione di mine tra le macerie per impedire agli abitanti di fare ritorno. 

Il Piano Dalet (la quarta lettera dell'alfabeto ebraico) era infatti la quarta versione del piano che stabiliva il destino che i sionisti avevano in serbo per la Palestina. 

Tale piano era da un lato il prodotto inevitabile della determinazione ideologica sionista ad avere un'esclusiva presenza ebraica in Palestina, dall'alto una risposta al governo britannico che aveva posto fine al mandato. 

Gli scontri con le milizie palestinesi fornirono il contesto e il pretesto perfetti per realizzare la visione ideologica di una Palestina etnicamente ripulita. 

La politica sionista iniziò come rappresaglia contro gli attacchi palestinesi nel febbraio del 1947 e si trasformò in un'iniziativa di pulizia etnica dell'intero paese nel marzo del 1948. Ci vollero sei mesi per portare a termine la missione. 

Quando questa fu compiuta, più di metà della popolazione palestinese originaria, quasi 800.000 persone, era stata sradicata, 531 villaggi erano stati distrutti e 11 quartieri urbani svuotati dai loro abitanti!

Oggi con la scusa dell'Olocausto, non puoi dire che il governo d'Israele tratta i palestinesi, come i nazisti trattarono gli ebrei! 

Beh, lo penso e lo dico! Shalom

lunedì 11 novembre 2024

TRIBALLI 🇦🇱👑

 

La principessa Vojsava Kastrioti, moglie di Gjon Kastrioti e madre dell'eroe albanese Skanderbeg, era figlia del principe di Pollog dell'antichissima tribù illiro-albanese dei TRIBALLI.

 Il primo a parlare di Vojsava Kastrioti è Marin Barleti (1508), il quale scrive che era la moglie di Gjon Kastrioti e la figlia del nobile principe di Triballi. 

La famiglia aristocratica dei Muzaki aveva rapporti di reciproca amicizia con quella dei Kastrioti e Gjon Muzaki, amico della famiglia di Skanderbeg e suo contemporaneo, scrive in "Memorada": "Giovanni Kastrioti, il padre del signor Skënderbeg, sposò la signora Vojsava Tribalda, dalla quale nacquero quattro figli maschi e cinque femmine."

La tribù dei TRIBALLI è una tra le più antiche tribù illiro-albanesi, il nome di questa tribù deriva dalle parole albanesi TRI e BALLË che significa "Tre Fronti" ovvero "il popolo dalle Tre Fronti" cioè dei "Tre volte Capi" o "Tre volte Sapienti".

Anche il tito reale BALLEN, della tribù albanese dei Frigi deriva dall'albanese BALLË cioè fronte e significa "Colui che è a capo delle cose".

📷 Nella foto la principessa Vojsava Triballi Kastrioti.

mercoledì 6 novembre 2024

SICA ⚔

 

La Sica era un pugnale ricurvo o una spada corta di origine traco-illirica cioè di quelle antiche popolazioni pelasgo-albanesi dell'Età del Bronzo come gli Epiroti, i Macedoni, i Daci, gli Illiri, i Traci ma anche degli antichi pelasgi-albanesi che occupavano la Sicilia.

"La loro principale arma offensiva era la spada ricurva, una forma di arma che può essere fatta risalire all'età del bronzo..." (storico John Wilkes)

Ed è proprio nalla lingua Albanese-Arbëresh che si deve trovare l'etimologia di questa particolare spada: 

In albanese come anche in Arbëresh il coltello si chiama THIKA (con la th come l'inglese thing), riferimento palese all'origine di quest'arma da questo popolo pelasgico-albanese che popolavano i Balcani e la Sicilia nell'antichità pre-classica e classica.

Cosa interessante è anche l'etimologia degli antichi popoli pelasgi che occupavano la Sicilia centrale dove appunto la Sica era l'arma comunemente usata dai Sicani da cui presero l'antico nome dal pelasgo-albanese THIKANËT cioè i portatori di coltello.

Secondo lo storico John Wilkes:
"Sebbene una corta spada ricurva fosse usata da diversi popoli del Mediterraneo, i Romani consideravano la Sica come un'arma propriamente Illirica usata dal furtivo "Sicario"(sicarius)..." A Roma la Sica veniva utilizzata soprattutto da bande di ladri, da cui il nome Sicarii a queste bande; dall'albanese THIKARI cioè colui che porta il coltello.

La Sica veniva usata solamente con la curva rivolta verso il basso, concava, e lo stile di combattimento era simile a quello del Kama (鎌). Consentiva, se usata con maestria, di tranciare un arto con facilità. Era molto temuta dai legionari romani, e comportò delle modifiche nella progettazione delle loro armature.

Mentre le prime Sicae si presentavano con lama a un solo taglio, quelle successive erano evidentemente a doppio taglio. La forma specifica era progettata per aggirare i lati dello scudo del nemico, pugnalarlo o trapassarlo dalla schiena. 

Siccome l'avversario abituale del gladiatore trace era il Mirmillone dotato del grande scudo, un'arma come la Sica era necessaria per rendere il duello più equilibrato ed eccitante.

Anche l'etimologia della parola Mirmillone va trovata nell'Arbëresh: il Mirmillone era una delle categorie gladiatorie che si esibivano negli anfiteatri in epoca romana. Nella categoria dei Mirmilloni venivano infatti arruolati i lottatori dal fisico più possente, e quindi la parola Mirmillone deriva proprio dall'albanese I MIRI, il migliore e I LONI, lasciato da parte e quindi il Mirmillone era "il miglior gladiatore lasciato da parte".

martedì 5 novembre 2024

LA BATTAGLIA DI ISSO ⚔

 


🌿 Oggi, nel 333 a.C., Alessandro Magno ottenne una grande vittoria su Dario di Persia nella battaglia di Isso nell'Anatolia sud-orientale. 

Alessandro Magno fu davvero un genio nel modo in cui riuscì a unire i capi albanesi dopo la morte del padre, dato che ogni volta che moriva un re macedone c'era sempre una guerra civile che devastava il paese. Ma non quando morì Filippo, perché Alessandro teneva di più alla gloria e alla fama piuttosto che ai beni materiali, e così diede ai re e ai principi albanesi ricchi doni e terre in cambio del loro servizio nella successiva campagna asiatica. Così Alessandro portò con sé un esercito confederato albanese rinforzato da unità greche e traci, rendendo così il suo esercito la migliore forza militare che il mondo avesse mai visto.

Dario aveva assoldato 30.000 opliti mercenari greci per fermare Alessandro e salvare il suo impero, ma il giovane re macedone aveva costruito un esercito albanese formidabile all'epoca, dall'Epiro alla Dardania e all'Illiria in Dalmazia, Alessandro aveva scelto unità d'élite dalle forze tribali albanesi e le aveva unite ai suoi contingenti macedoni albanesi per forgiare il miglior esercito del mondo antico. I macedoni, rinforzati dai Dardani e dagli Illiri, sfondarono le linee greche e persiane scatenando una carneficina sul loro cammino, facendo andare nel panico Dario e farlo scappare a gambe levate dalla battaglia, lasciandosi alle spalle il suo accampamento e tutta la sua famiglia per essere catturati dai macedoni. 

Ma Alessandro dimostrò grande cavalleria e trattò la famiglia di Dario come se fosse sua perché, dopotutto, non aveva nulla di personale con Dario, ma stava combattendo contro di lui per la regalità dell'Asia.

📜 Dalla Bibbia leggiamo la profezia di Daniele su Alessandro Magno:
"Guardai, ed  un capro da ovest percorreva la superficie della terra senza toccare il suolo. Il capro aveva fra gli occhi un corno notevole.  Si avvicinava al montone con due corna che avevo visto stare davanti al corso d’acqua; correva verso di lui con tutta la sua furia. Lo vidi scagliarsi contro il montone, pieno di rabbia verso di lui. Assalì il montone e gli ruppe le due corna, e il montone non ebbe la forza di resistergli. Allora il capro lo gettò a terra e lo calpestò, e non c’era nessuno che potesse liberare il montone dal suo potere. Il capro si esaltò moltissimo, ma appena fu diventato potente, il grande corno si ruppe; al suo posto spuntarono quattro corna notevoli, verso i quattro venti dei cieli." (Daniele 8:5-8)

📷 Nella foto: Alessandro in un dettaglio del Mosaico della battaglia di Isso ritrovato a Pompei conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

LA PANAGHIA ARVANITISSA 🇦🇱👑

A Karyes, sull'isola di Chios, oggi inglobato nel moderno stato greco, c'è una chiesa dedicata alla Panaghia Arvanitissa, la Vergine Maria TuttaSanta Arvanita.

L'imperatore Costantino IX Monomaco (1042 - 1054 d.C.) inviò dei muratori Albanesi che provenivano dall'Epiro per costruire Nea Moni a Chios. Dopo la costruzione di Nea Moni (che nonostante i saccheggi e la distruzione da parte dei turchi, sopravvive ancora) queste persone rimasero sull'isola e ne divennero residenti. I loro discendenti erano pastori e si stabilirono a Kochlia (che comprende i villaggi di Karyes, Avgonyma, Anavato e Dafnona).

Questi pastori albanesi che vivevano nel luogo ora noto come Panaghia Arvanitissa videro una ragazza snella in abiti Arvaniti-Arbëresh che vagava tra le cime. Capirono che era la Panaghia e, a causa del suo abbigliamento, la chiamarono Panaghia Arvanitissa.

Nel 1905 in quel luogo fu trovata un'icona della Panaghia e lì fu costruita una chiesa Ortodossa con l'assistenza finanziaria del mercante Alexandros Konstantinidis. Poiché erano gli anni difficili della schiavitù sotto i turchi, che proibivano l'erezione di chiese cristiane, la chiesa fu costruita (come ci informa Stamatis Karmantzis, che scrisse il primo Synaxarion di Panagia Arvanitissa) "in segreto con l'aiuto dei pastori di Karouson e di altri abitanti del villaggio, dopo una lunga lotta, sofferenze e lavoro inimmaginabili, che si svolsero principalmente di notte, perché durante il giorno era molto difficile per paura dei turchi".

Nel 1912, quando Chios fu liberata dai turchi, un gruppo di soldati turchi sconfitti dagli Arvaniti entrò nella chiesa di Panaghia Arvanitissa. La saccheggiarono e danneggiarono le icone. Alcune le ruppero, altre le bruciarono, mentre altre le trafissero e le sfregiarono con le loro spade.

Stamatis Karmantzis nota che "poiché la chiesa è costruita su una collina, gli abitanti di Karyes hanno deciso di festeggiarla il giorno dell'Ascensione. Allo stesso tempo, anche i pastori festeggiano perché è la fine della stagione del foraggio, ringraziando la Panaghia per l'anno trascorso. In suo onore, fanno bollire il latte e lo danno a tutti i pellegrini. Mettono all'asta anche capre e agnelli per la manutenzione e la pulizia della chiesa. La chiesa è chiamata con entrambi i nomi dalla gente di Chios - dell'Ascensione e Panaghia Arvanitissa - ma è meglio conosciuta come la Chiesa della Panaghia Arvanitissa.

Il monaco Nektarios chiarisce, in occasione della veste Arvanita della Vergine Maria, che con il nome Arvanitia si intende Albanese Epirota, perché l'Epiro sin dai tempi antichi è sempre stata una regione Albanese e non greca, essa fu inglobata con la forza nel moderno stato greco solo 80 anni fa quando lo stato greco commise genocidi sulla popolazione espellendo la popolazione nativa albanese. Il monaco Nektarios sottolinea in particolare: "Il Sinaxari di San Nicodemo di Agioreitos nella vita originale di San Cosma di Aitolos e a p. 232 scrive:

"...partito di là, si recò nella parte opposta della Sterea, una regione dell'Arvanitia chiamata Agioi Saranda, e lì insegnò ai cristiani." Come è noto, gli Agioi Saranda si trovano nell'Epiro settentrionale, che a quel tempo si chiamava "Arvanitia". Da qui "Arvanitai". A p. 233 scrive: "E Dio fece per mezzo di lui e là in Albania, similmente ed in altri luoghi cose così maravigliose...".

I cristiani Ortodossi Arvaniti di Chios con le loro lettere all'anziano Nektarios, scritte con fede, semplicità, purezza e rispetto verso la Vergine Maria, rivelano segni miracolosi. Ecco alcuni estratti illustrativi di tre lettere:

a) Dimitrios Malachias di Michele menziona che quando partecipò al lavoro volontario per la riparazione della chiesa, Panaghia Arvanitissa apparve davanti a lui. "Lei si voltò, mi guardò e mi sorrise, senza dire una parola."

b) Konstantinos Andriotis di Nikita riferisce: "La mia bisnonna diceva che quando stavano per costruire la chiesa, poiché la Vergine Maria aveva sognato che costruissero una chiesa, inizialmente cominciarono a collocarla più in basso, dove oggi si trovano ha creato un bacino lacustre. Così la sera gli operai, terminato il lavoro, lasciarono gli attrezzi nel luogo che stavano costruendo. Al mattino gli attrezzi erano scomparsi da dove erano stati lasciati. Dopo 3-4 giorni un pastore trovò gli attrezzi raccolti nel luogo dove oggi si trova l'icona in piazza, accanto alla chiesa, dove c'è un caprifoglio. Quello che devo dire è che Panaghia l'Arvanitissa è davvero viva ed è lì."

c) Eleni Kopsida riferisce: "Ho dovuto affrontare un grave problema di salute, la cui conseguenza è stata un ematoma sulla testa. In quei giorni, nella nostra conversazione telefonica, il monaco Nektarios mi parlò con grande passione della Panaghia Arvanitissa di Chios. Inoltre mi ha detto che la Vergine appare vestita da Arvanitissa. Tra pochi giorni sarei andato ad Atene per fare una risonanza magnetica alla testa. La mia ansia era grande. Poi vedo nel mio sogno una bellissima donna in piedi accanto a me, alta e snella, vestita da Arvanita. La sua uniforme era bianca. L'ho ammirata e ho detto: che bellezza è! Mi sono svegliato dal sogno a mezzanotte e nel dormiveglia dico ad alta voce: "La Madonna Arvanitissa!". Ho raccontato questo sogno alla mia amica Agathi Boyatzi. In due o tre giorni vede anche la Vergine Maria nel sonno vestita esattamente con lo stesso abito, bellissima e con il viso splendente come il sole. In una settimana ho tolto il magnete. Era immacolata! Ho raccontato tutto questo ad uno dei miei cugini di Agrinio, Efrosyni Kyritsis, che ha deciso di venirmi a trovare. All'agenzia Agriniu, dove aspettava di venire a Patrasso, ha visto davanti a sé una fermata dell'autobus, sul cui finestrino c'era scritto: Panaghia i Arvanitissa.


domenica 3 novembre 2024

VISITA A CASTEL NUOVO DI NAPOLI 🏰

 

🌿 Or qui mi accingo a raccontarvi una breve storia de miei avi Difensori della Fede Ortodossa che, esuli dalle loro terre d'origine a causa del Turco invasor, dimorarono a Castel Nuovo di Napoli per il tempo Biblico di 40 anni... ⚔

Dopo la morte di Skanderbeg, D. Giovanni, figlio di lui, fece levata di tutte le donne, i fanciulli, i vecchi inabili alle armi, unendo navi e barche di negozio, dalle città Albanesi di Vallona, Particci, Musachese, Durazzo, Bojana, Dulcigno e Antivari, via facendo verso il porto di questa, ov'erano unite le navi, col convoglio di quattro galere veneziane, con tutta la sua gente fece fatica d'armi, si prepararono all'esodo.

Le donne e i putti mandati furono da essi ad unirsi ad altri uomini, che seguirono don Giovanni ed altri principi albanesi. I cavalieri albanesi che comandavano la soldatesca si chiamavano: Cola Mark-Scini; Elia Mallisi e Marco De Màthia. Quest'ultimo era signore di cinquanta paesi nella Màthia, i due altri erano primari di Scodra. Nella milizia erano molte donne vestite militarmente e che accompagnavano con le armi in mano i loro mariti, e poi unitamente coi detti militi s'imbarcarono.

Le donne, i vecchi e i putti passarono prima il mare, e poi, raggiungendoli D. Giovanni con gli altri soldati, approdarono tutti in Sicilia. E facendo il computo degli imbarcati e delle barche si trovò molta gente mancante e morta per strada d'infermità e di mancanza di viveri, per la repentina partenza, e molte barche dalla tempesta di mare disperse delle quali non ebbero più notizia. E piangendo il loro misero stato e consigliatosi D. Giovanni coi capi suoi, si diressero verso Palermo, dove allora si trovava re Ferrante, al quale rappresentando il loro misero stato chiesero aiuto e che concedesse sbarcare tutta la gente.

Ma il re, conosciuto chi erano, non volle riceverli nel suo regno dubitando del Turco, non venisse appresso a loro; per altro li soccorse di viveri. Ordinò dunque che prendessero il largo: se no, e avria mandato a fondo le navi: e così comandò a tutte le sue terre, o mandò gente che impedisse lo sbarco per tutto il suo regno. Disperatamente rivolsero il cammino verso i mari di Napoli, e fatto consiglio fra loro, con animo intrepido alla fine e da Albanesi risolsero sbarcare in Salerno e indirizzarsi a Napoli.

Don Giovanni di essere uno sventurato che per la Fede Orodossa combattè dodici anni, e che prima di l'avo padre Skanderbeg e i fratelli di questo avvelenati dal Turco avevano speso la vita e la fortuna per difendere la Chiesa Ortodossa e che ora egli caduto e perseguitato da essi nemici de' cristiani, disfatto dal mare, profugo in terra altrui e senza trovare compassione, anzi non ricevuto da re Ferrante ne' suoi stati veniva ad implorare soccorso.

Invece che a Salerno sbarcarono dentro Napoli, e il popolo napoletano li acclamava amici e Difensori della Fede, e li mise in possesso del Castel Nuovo rassettandoli in pochissimi giorni.

In detto Castel Nuovo, D. Giovanni fece fabbricare le quattro torri, ponendo ad ognuna l'impresa del suo casato e la ricordanza d'averlo fabbricata in pietra: stantechè il Castel Nuovo era una fabbrica vecchia e bassa.

Vi fece pure una bellissima cappella in sua memoria ove volle essere sepolto, e vi si vede il suo bellissimo monumento in marmo, cinto da un colonnato di pietra fina, e con cinque lampade che sempre ardono. Sul muro è il ritratto di lui, con cortina innanzi di bellissima fattura.

In Castel Nuovo gli Albanesi dimorarono in pace per quarant'anni. Duopo però gli Albanesi dovettero raggiungere i loro connazionali già stabiliti e andare distribuiti pel regno di Napoli e di Sicilia, come attualmente sono, ed esservi incorporati.

Così la storia si ripete e gli Arbëresh, eredi del suolo che i nostri antichissimi padri, i Divin Pelasgi-Albanesi, in tempi anteriori agli elleni tennero prima, ripopolaron quell'antiche terre ora ricche GJAKUT JON I SHPRISHUR, del nostro sangue sparso.

Ma questa è un'altra Storia...