venerdì 11 ottobre 2024

GLI ALBANESI DIMENTICATI DELL'ISOLA DI SAMOS 🇦🇱

 

Samos è un'isola che oggi appartiene al moderno stato greco difronte alla Turchia e a sud di Izmir. Non è molto conosciuta, ma intorno agli inizi del XVII secolo vi si stabilirono alcuni Albanesi-Arbëresh (Arvaniti) Cristiani Ortodossi che fondarono un villaggio nella zona centrale e montuosa dell'isola, che in greco venne chiamato Arvanítes (Αρβανίτες), che è appunto "Arvaniti". Più tardi, gli abitanti del villaggio fondarono un altro villaggio nelle vicinanze che fu chiamato Káto Arvanítes (Κάτω Αρβανίτες)=''Arvaniti inferiore'', mentre il primo villaggio fu chiamato Áno Arvanítes (Άνω Αρβανίτες)=''Arvaniti superiore''. Nel 1958, con lo scopo di far dimenticare questa importante presenza Albanese-Arbëresh sull'isola, lo stato greco cambiò i nomi di entrambi i villaggi e Áno Arvanítes fu chiamato "Pándhroso" e l'altro villaggio Káto Arvanítes fuchiamato "Mesójio" e forzò gli abitanti a dimenticare la loro lingua madre.

  Tracce albanesi si possono trovare anche in altre parti dell'isola. Sul versante nord-occidentale di Samos, ad esempio, si trova il villaggio di Léka (Λέκκα), che secondo la tradizione locale prese il nome da Leka (diminutivo albanese di Alessandro), un arvanita emigrato dal Peloponneso e ivi stabilitosi per primo (quindi venne utilizzato anche per il nome Arvanitohóri (Αρβανιτοχώρι)=''il villaggio di Arvanitas''). A Néo Karlóvasi, un po' più lontano, c'è il "ruscello di Gjini" (Χείμαρρος του Γκίνη), Gjini è un nome albanese.

  Vale la pena ricordare che in entrambi i villaggi si produceva (forse anche oggi) un tipo di formaggio che, secondo lo storico Epaminondhas Stamatiadhis, si poteva trovare in Albania ma non altrove. Probabilmente si tratta del formaggio che a quel tempo in turco era conosciuto come "arnavud peynir" (=formaggio albanese) e che veniva prodotto a Konica come menzionato da Sami Frashëri nella sua opera "Kamus al-a'lam".

Fonti tradotte:

  1) "Descrizione dello stato attuale di Samos, Nicaria, Patmos e Monte Athos" di Joseph Georgirenes (1677), pagina 16:

  ''A tre miglia dal villaggio di Spatharéi [Σπαθαραίοι] e su una collina si trova il villaggio di Pírgos [Πύργος], che consiste di circa 100 case e due chiese. Qui viene prodotto il miele più delizioso. Sopra di esso sorge un piccolo villaggio, una colonia di “Arnauti” o “Albanesi”, così viene chiamata oggi questa nazione [cioè la nazione albanese] dai turchi e dai greci. Gli albanesi hanno stabilito molte colonie nell'Impero Ottomano poiché sono incoraggiati a farlo dallo stesso Sultano attraverso privilegi e immunità speciali. Riescono però a preservare la loro lingua (probabilmente l'antico illirico), che risulta incomprensibile alle nazioni vicine. Non è la figlia di una donna slava. Hanno la stessa religione dei greci."

  2) Lettera di un missionario della fine del XVII secolo (pubblicata e adattata nell'opera "Lettres édifiantes et curieuses concernant l'Asie, l'Afrique et l'Amérique" (1838)), pagina 131:

''L'antica città di Samos, l'antica capitale dell'isola, perse il suo nome e oggi si chiama Megáli Hóra [Μεγάλη Χώρα]. Si trova sulla costa orientale e vi è la sede del metropolita e risiede l'agai, che riscuote le tasse per conto del sultano. Marathókambos [Μαραθόκαμπος] si trova a nord mentre sul lato ovest si trovano Karlóvasi [Καρλόβασι], Neohóri [Νεοχώρι] e Vathí [Βαθύ]. Tutti quei villaggi sono costieri. Nell'interno dell'isola ci sono Plátanos [Πλάτανος], Kastaniá [Καστανιά], Arvanitohóri [Αρβανιτοχώρι, (l'originale recita Arvanito, Cori ma questo è apparentemente un errore e avrebbe dovuto essere Arvanitocori)] e Fúrni [Φούρνο ι=moderno Idhrúsa (Υδρούσσα )]. In montagna c'è una colonia di albanesi, che vi si sono stabiliti da più di un secolo. Non sono riuscito a scoprirne la causa. Si occupano di bestiame, più o meno come gli arabi.''

  3) "La vérité sur l'Albanie et les Albanais" [=La verità sull'Albania e sugli albanesi] di Pashko Vasa (Wassa Effendi) (1879), pagina 63:

  "Se tutti i Greci parlassero fin dall'inizio la lingua pelasgica, come è possibile allora che quelli che vennero prima e che erano veri Pelasgi e che riuscirono a sopravvivere nell'Idra e nelle altre isole dell'Arcipelago nonché sui monti dell'Attica? e in alcuni luoghi di Samo hanno conservato la lingua di prima, mentre altri abitanti degli stessi luoghi non ricordano nemmeno questa lingua?''

  4) ''Σαμιακα (τέταρτος τόμος)'' [= Storia di Samo, volume quattro] di Epaminondhas Stamatiadhis (1886), pagine 79-83:

  ''Il villaggio di Arvanítes. Dopo la morte di Gjergj Kastrioti (meglio conosciuto come Skënderbe), i suoi sostenitori albanesi, perseguitati dal sultano Bajazit e dai turchi e rischiando di convertirsi violentemente, si stabilirono a Himare, Sul, Parga e nel Peloponneso. Ma poiché anche lì i turchi non li lasciarono a loro agio, se ne andarono e si stabilirono sui monti di Jeránia [Γεράνεια] e nelle isole di Idhra, Speces, Poros, Salamina, Psara e fino a Cipro. A quel tempo, cioè circa 250 anni fa, come risulta da antichi documenti, due fratelli taglialegna, secondo la tradizione locale, albanesi, si riunirono con i loro parenti a Samo e si stabilirono sull'alta vetta meridionale del monte Ámbelos [Άμπελος] , dove oggi si trova il villaggio di Áno Arvanítes, che si trova a 400 metri sul livello del mare e a più di un'ora di distanza dal villaggio di Mavraxéi [Μαυρατζαίοι]. Vivevano isolati dagli altri. La loro religione era Ortodossa, ma la loro lingua, che nessuno degli isolani capiva, era l'illirico [cioè l'albanese]. Dopo alcuni anni una parte degli abitanti del villaggio si stabilì un po' più in basso, a un quarto d'ora dal villaggio, e fondò il villaggio che da allora si chiama Káto Arvanítes. [...] Il villaggio di Áno Arvanítes è composto da 107 case e una chiesa parrocchiale, mentre Káto Arvanítes anche da 57 case e una chiesa parrocchiale. In totale entrambi i villaggi contano 683 abitanti, che conservano ancora tracce delle loro origini straniere nella loro parlata. [...] Gli abitanti producono vino, miele buonissimo, una specie di formaggio che, come sappiamo da tempo, si trova solo in Albania, catrame e bitume. Si occupano anche di zootecnia.''

  5) ''Σαμιακα (τέταρτος τόμος)'' [= Storia di Samo, volume quattro] di Epaminondhas Stamatiadhis (1886), pagina 25:

  "Il villaggio di Leka. Il primo abitante, secondo la tradizione, fu un albanese [arvanitas] del Peloponneso, che si chiamava Lekas ​​[Lekë]. Insieme ad altri si trasferì nell'isola di Samo per sfuggire alle persecuzioni dei turchi e abitò nel villaggio che da allora prese il suo nome.

  📷 FOTO: mappa dell'isola di Samos che mostra l'ubicazione di entrambi i villaggi albanesi e del villaggio di Léka.

domenica 6 ottobre 2024

SAN BASILIO CRATERETE ☦

 

La presenza del Cristianesimo Ortodosso nel Sud Italia risale fin all'epoca apostolica ed è andato soggetto a quelle stesse evoluzioni che lo avevano accompagnato in Oriente.

Una delle più antiche zone monastiche in Calabria era quella di Castrovillari che non era altro che un estensione orientale dell'Eparchia Monastica del Mercurion.

È importante tener presente che il territorio di Castrovillari era un passaggio obbligatorio per quei monaci che, dal Mercurion, dovevano recarsi a Rossano, centro Cristiano Ortodosso importantissimo, sia per rifornirsi del materiale occorrente allo studio o ad uso liturgico, sia per comunicare con le autorità imperiali di Costantinopoli.

Tra i monasteri Ortodossi più importanti del territorio di Castrovillari vi era quello dedicato a San Basilio Craterete, di cui non si sa nulla della sua vita, fondato forse nel secolo X, tra Castrovillari e l'attuale paese Arbëresh di San Basile; era un monastero che ha avuto un po' di storia ed è durato fino al principio del secolo XVI.

L'appellativo di Craterete deriva dal greco KRATEROS (il forte, il potente), e per suoi nessi vari, potrebbe nel suo nucleo primitivo riferirsi a una fondazione di San Fantino di Cerchiara. 

Il monastero Ortodosso di San Basilio, in seguito fu abbandonato dai monaci Ortodossi a causa dell'occupazione cattolica e la persecuzione da parte di questi contro la chiesa Ortodossa, successivamente veniva annessa alla mensa vescovile cattolica della diocesi di Cassano da parte di Papa Giulio II sotto il napoletano Mario Antonio Tomacelli vescovo cattolico di Cassano.

Il territorio attorno al monastero abbandonato di San Basilio rappresentava solo un feudo rustico e non abitato, ma con l'arrivo degli immigrati Albanesi Ortodossi fuggiti dalle loro terre d'origine a causa delle invasioni turche dopo la morte dell'eroe albanese Skanderbeg, il vescovo cattolico Tomacelli di Cassano concesse agli Albanesi stanziati intorno al monastero una serie di Capitoli allo scopo di popolare quel territorio con manodopera fissa e migliorare la coltivazione delle terre abbaziali.

Così nacque il paese Arbëresh di San Basile 🇦🇱 che prese il nome dall'ex monastero Ortodosso di San Basilio Craterete.

Immediatamente dopo la costruzione del casale di San Basile, da parte dei profughi Albanesi, attorno alla fine del XV secolo, la chiesa dell'ex monastero prese il titolo di Santa Maria dell'Odigitria a causa di uno scambio avvenuto nei secoli circa il tipo di Immagine dipinta sul fondo della chiesa rappresentante il busto di Maria vestita di azzurro sotto il manto rosso e con la testa coronata e da cui scende, fin sulle spalle, un velo verdolino campeggiante su una grande aureola giallo-oro.

Con lo stanziamento degli Albanesi Ortodossi nel territorio il monastero ritornò ad essere Ortodosso ma a causa delle pressioni e persecuzioni della chiesa cattolica ben presto gli Albanesi vennero forzati a diventare cattolici.

Dopo più di un millennio circa, da quando veniva fondato da San Fantino o da qualche suo seguace, e, dopo più di quattro secoli dal momento in cui veniva abbandonato dai monaci Ortodossi, il cenobio di San Basilio è stato rifatto dalle fondamenta il 19 aprile 1932.

📷 Nella foto l'unica Icona esistente di San Basilio Craterete dipinta dal Sacerdote Greco Ortodosso Padre Basilio, commissionata dal Sacerdote Ortodosso Arbëresh Padre Giovanni Capparelli residente in San Basile.

venerdì 4 ottobre 2024

LO IEROMARTIRE ELEFTERIO DI VALONA E ANTIA SUA MADRE 👑☦🇦🇱

 

🌿 Il glorioso martire di Cristo, Elefterio, il cui nome è sinonimo di libertà, nacque a Roma nel II secolo. Suo padre morì quando Elefterio era giovane, ed egli fu allevato nel timore di Dio e nell'amore delle sante virtù dalla pia madre, Anthia, o Evanthia, che aveva ricevuto la santa fede dall'apostolo Paolo. Aniceto, vescovo di Roma (155-166 d.c. quando la chiesa di Roma era ancora Ortodossa), si occupò dell'educazione del giovane, le cui qualità erano così evidenti che fu ordinato diacono all'età di 15 anni, sacerdote all'età di 17, e all'età di 20 anni è stato consegnato al vescovo dal Papa Ortodosso di Roma, come vescovo dell'ampia sede dell'Illiria nei Balcani occidentali. Nonostante la sua giovane età, era riuscito, attraverso la fede in Dio e lo zelo, a maturare «secondo l'età della pienezza di Cristo» (Ef 4,13).

La grande fama del santo ed i miracoli che accompagnarono la sua predicazione furono fatti conoscere all'imperatore, il quale si allarmò per il crescente potere della Chiesa. Mandò Felix, uno dei suoi primi ufficiali, ad arrestare il santo vescovo, ma quando vide il giovane pastore raggiante in mezzo al suo gregge a Valona, ​​il severo soldato rimase scioccato dalla dolcezza del suo insegnamento. Abbandonò le vanità del mondo e credette in Cristo, nonché nelle promesse della vita eterna e fu battezzato. Addirittura, avendo un ardente desiderio di spargere il proprio sangue, apparve davanti all'imperatore insieme al santo.

Seduzioni e minacce non fecero alcuna impressione su Elefterio. Confessò Cristo come il vero Dio e assicurò al tiranno che per coloro che hanno preso su di sé la croce, la tortura è un gioco da bambini e che morire per Cristo è una grande felicità. Lo adagiarono su un letto di ferro rovente, poi gli tirarono le membra e lo cosparsero di olio bollente e altre sostanze brucianti. Ma non ne subì alcun danno, perché la Grazia lo protesse da tutte le torture del maligno. Rimproverò severamente il tiranno, chiamandolo lupo d'Arabia (Abac. 1:8), perché perseguitava il gregge di Cristo. Su consiglio di Koremon, il brutale prefetto della città, costruirono una fornace piena di punte aguzze, nella quale gettarono l'atleta di Cristo. Ma in quel momento Elefterio pregò con fervore per la conversione dei suoi nemici, e improvvisamente Koremon fu illuminato dallo Spirito Santo. Sentì una profonda simpatia per la causa del santo e affermò coraggiosamente il Salvatore. Poi entrò lui stesso nel forno che aveva preparato per il santo. Ma la Grazia lo mantenne incontaminato insieme al santo e venne battezzato da Elefterio. Per questo motivo gli tagliarono anche la testa.

Poiché Elefterio non subì nulla dalla tortura del fuoco, fu rinchiuso in una prigione buia, dove una colomba veniva regolarmente a portargli del cibo. Successivamente lo portarono fuori e lo legarono ai cavalli selvaggi, frustandoli affinché galoppassero e uccidessero il santo. Ma un angelo di Dio venne e liberò il santo, che si stabilì sulle alture di una montagna vicina. Lì visse in pace per qualche tempo in compagnia degli animali selvatici, che restavano immobili mentre pregava e lodava Dio, il Creatore dell'Universo.

Fu scoperto da alcuni cacciatori e nuovamente arrestato. Nel suo viaggio verso Roma convertì i soldati e portò alla conoscenza della Verità molti pagani prima di comparire davanti al tribunale del tiranno. Fu punito essendo gettato in pasto ai leoni nell'arena in un giorno di festa, ma quando gli animali uscirono dalle gabbie, vennero da lui e iniziarono a giocare come gattini gentili. Alla fine la testa del santo fu tagliata; così vinse la corona della vita eterna. Non appena la spada gli toccò la testa, sua madre, Antia, corse a stringere il corpo di suo figlio, lodandolo per aver combattuto così coraggiosamente per Dio. Allora i carnefici la attaccarono con le spade e mescolarono il suo sangue con quello di suo figlio Elefterio.

Le donne incinte hanno l'abitudine di pregare il santo affinché abbiano un parto buono e sano. ❤

mercoledì 2 ottobre 2024

SONO GIUNTE LE NOZZE 🔯🌿👑

 

🌿 Riconoscendo che non si erano mai incontrati dopo il Concilio di Efeso, e che non avevano preso una decisione congiunta da quando avevano adottato la loro posizione comune contro il Concilio di Calcedonia (l'ideologia greco-romana che sostiene che Cristo ha due nature), Sua Maestà Imperiale il Re dei Re Haile Slassie ha convocato una Conferenza delle cinque Chiese Ortodosse Orientali ad Addis Abeba nel 1965, ponendo fine al loro reciproco isolamento. Le cinque Chiese hanno discusso per 7 giorni questioni di interesse comune, hanno preso decisioni storiche e hanno concordato di lavorare in maggiore concertazione in futuro. In segno di gratitudine, i patriarchi delle cinque Chiese Orientali hanno concesso al Leone di Giuda il titolo di “Difensore della Fede Ortodossa” e Lo hanno riconosciuto come loro unico Re e Capo dell'intera Chiesa Ortodossa Orientale.

 👑🦁Alcune citazioni di Sua Maestà il Re dei Re:

 "Come testimonia la storia della Chiesa, i Padri della Chiesa, dal periodo apostolico fino al 3° Concilio (IV secolo), tennero concili per formulare le dottrine della Chiesa e per redigere norme per l'amministrazione della Chiesa". (p.635)

 "I nostri antenati si incontrarono prima a Nicea, poi a Costantinopoli e infine a Efeso." (Conferenza di Addis, 1965)

 "Che Dio, che ha aiutato i 318 padri del Concilio di Nicea, ci illumini e ci aiuti tutti." (Discorsi selezionati p.639)

 "Siamo particolarmente lieti di notare che il lavoro di questa conferenza si è occupato di questioni puramente religiose e spirituali, libere da considerazioni politiche estranee". (Discorsi selezionati p.640)

📜 Apocalisse 19:

《Dopo ciò, udii come una voce potente di una folla immensa nel cielo che diceva:
"Alleluia!
Salvezza, gloria e potenza
sono del nostro Dio;
perché veri e giusti sono i suoi giudizi,
egli ha condannato la grande meretrice
che corrompeva la terra con la sua prostituzione,
vendicando su di lei
il sangue dei suoi servi!".

E per la seconda volta dissero:

"Alleluia!
Il suo fumo sale nei secoli dei secoli!".

Allora i ventiquattro vegliardi e i quattro esseri viventi si prostrarono e adorarono Dio, seduto sul trono, dicendo:

"Amen, alleluia".

Partì dal trono una voce che diceva:

"Lodate il nostro Dio,
voi tutti, suoi servi,
voi che lo temete,
piccoli e grandi!".

Udii poi come una voce di una immensa folla simile a fragore di grandi acque e a rombo di tuoni possenti, che gridavano:

"Alleluia.
Ha preso possesso del suo regno il Signore,
il nostro Dio, l'Onnipotente.
Rallegriamoci ed esultiamo,
rendiamo a lui gloria,
perché son giunte le nozze dell'Agnello;
la sua sposa è pronta,
le hanno dato una veste
di lino puro splendente".

La veste di lino sono le opere giuste dei santi.

Allora l'angelo mi disse: "Scrivi: Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell'Agnello!".》

Benedetto sia il Re dei Re 🌿👑🦁🌿

 📷 Foto: Conferenza delle Chiese ortodosse orientali ad Addis Abeba; 15/01-21/1965.

martedì 1 ottobre 2024

LA BATTAGLIA DI GAUGAMELA ⚔👑

 

🌿 In questo giorno del 331 a.C. si combatté la grande battaglia di Gaugamela tra il regno Macedone sotto Alessandro e il regno Persiano sotto Dario. 

La lotta fu combattuta principalmente tra Albanesi (Dardani, Illiri, Autariati, Peoni, Macedoni, Epiroti e Traci) e forze asiatiche mentre le truppe Ateniesi (greche) sottomesse ad Alessandro, giocarono una minima parte nell'azione.

A Gaugamela un'aquila 🦅 volò sopra Alessandro mentre gli eserciti si preparavano alla battaglia e la scena fu interpretata come un buon auspicio dal veggente Aristandro, poiché l'aquila 🦅 era l'uccello nazionale dei Macedoni e degli Epiroti, ed è ancora l'emblema nazionale dei loro discendenti, gli Albanesi 🇦🇱, non a caso chiamati Shqipe, cioè figli dell'aquila di Zeus.

La battaglia fu decisa sull'ala destra dove Dario aveva schierato la sua migliore cavalleria asiatica, 8.000 afghani sotto il loro satrapo Beso, supportati da 3.000 arcieri turchi a cavallo, Sciti che erano considerati i migliori cavalieri del mondo. Fu loro ordinato di cavalcare attorno al fianco destro macedone e di sparare alle truppe di retroguardia per gettare la loro linea in confusione. Ma Alessandro contrastò posizionando la sua migliore cavalleria Illirica e Autariata nella retroguardia per affrontare la minaccia Scita. La cavalleria Dardana e Peona era posizionata all'estrema destra per affrontare Besso e la sua cavalleria Afghana mentre Alessandro guidava la sua cavalleria Macedone verso il centro dove Dario era circondato dalle sue guardie del corpo e da un'unità d'élite chiamata gli Immortali. 

Sull'ala sinistra Parmenio con la cavalleria e la fanteria illiriche era supportato da alleati greci e traci, ma al vecchio generale fu ordinato di rimanere sulla difensiva mentre Alessandro sferrò il colpo decisivo a destra e al centro. 

La cavalleria Albanese attaccò in squadroni di guerrieri tribali imparentati. Portavano grandi scudi a cavallo, le uniche truppe al mondo a farlo, quindi gli arcieri Sciti furono resi inutili. La cavalleria afghana era pesantemente armata ma usava lance più corte, quindi la loro superiorità numerica fu compensata da armi inferiori. 

Gli Albanesi erano guidati dai Dardani come nella guerra di Troia. Poi i Peoni li seguirono guidati da Aristone, che ricorda l'Asteropaio di Omero. La lotta fu anche omerica con i leader albanesi che affrontarono i comandanti asiatici in un duello. 

Gli Sciti resistettero finché gli Illiri dalla retroguardia non entrarono nella mischia e il loro generale Areti uccise il capo scita in duello. Poi gli Sciti ruppero e fuggirono seguiti dalla cavalleria Afghana sotto Besso. 

Dario vide la sua cavalleria migliore sulla sinistra in piena fuga, e Alessandro completamente visibile che lo inseguiva alla testa della cavalleria macedone. Dario andò nel panico e scappò via dal campo di battaglia in una fuga precipitosa, seguita da una disfatta totale dell'esercito Persiano. 

L'impero Pelasgico che crollò nel 1150 a.C. fu ora ristabilito, Europa e Asia unite sotto un unico sovrano, Alessandro Magno Re del Mondo.

📜 Dalla Bibbia leggiamo la profezia di Daniele su Alessandro Magno:
"Guardai, ed  un capro da ovest percorreva la superficie della terra senza toccare il suolo. Il capro aveva fra gli occhi un corno notevole.  Si avvicinava al montone con due corna che avevo visto stare davanti al corso d’acqua; correva verso di lui con tutta la sua furia. Lo vidi scagliarsi contro il montone, pieno di rabbia verso di lui. Assalì il montone e gli ruppe le due corna, e il montone non ebbe la forza di resistergli. Allora il capro lo gettò a terra e lo calpestò, e non c’era nessuno che potesse liberare il montone dal suo potere. Il capro si esaltò moltissimo, ma appena fu diventato potente, il grande corno si ruppe; al suo posto spuntarono quattro corna notevoli, verso i quattro venti dei cieli." (Daniele 8:5-8)

CYNANE 👁️

 

Gli antichi popoli di etnia albanese-Arbëresh tra cui la società Illirica, quella Macedone e quella Epirota non erano società patriarcali, infatti le donne avevano pari diritti con gli uomini, a differenza di quelle greco-romane. Da vari documenti risulta chiaro che lo status della donna in questi popoli era ben diversa da quello della donna greca, la quale anche quella d'élite trascorreva la vita in ambienti chiusi e doveva sottomettersi per tutta la vita all'indiscussa autorità dell'uomo e occuparsi esclusivamente delle questioni domestiche. Al contrario tra i popoli illiri, macedoni ed epiroti la situazione era molto diversa. Una nobildonna o un membro femminile di una famiglia reale svolgeva un ruolo religioso, sociale e, in alcune circostanze, politico molto più importante.

Tra gli antichi personaggi femminili di questi antichi popoli albanesi-Arbëresh vi era Cynane, nata intorno al 357 a.C., era la sorella di Alessandro Magno, fu una figura notevole nella storia antica, nota per la sua abilità marziale e per il suo acume strategico.

Fu figlia di Filippo II di Macedonia e della principessa Audata di Illiria, fu cresciuta secondo le tradizioni guerriere del popolo di sua madre. Fin da piccola, Cynane fu addestrata al combattimento, alla caccia e alle tattiche militari, abilità che tra gli altri popoli erano solitamente riservate agli uomini. La sua reputazione di formidabile guerriera si consolidò quando accompagnò l'esercito macedone nelle campagne e guidò persino le truppe in battaglia. Uno dei suoi successi più notevoli fu la sconfitta della regina illirica Caeria in un combattimento corpo a corpo, dimostrando il suo eccezionale coraggio e le sue abilità di combattimento. 

L'importanza di Cynane si estende oltre le sue imprese sul campo di battaglia. Dopo la morte del suo fratello, Alessandro Magno, svolse un ruolo cruciale nel turbolento periodo di successione. Cynane cercò di assicurare una posizione di potere a sua figlia, Adea, organizzando il suo matrimonio con Filippo III, il successore di Alessandro. Questa mossa non fu solo una testimonianza del suo acume politico, ma anche della sua dedizione all'eredità della sua famiglia. Sfortunatamente, le sue ambizioni la portarono al suo assassinio nel 323 a.C., ma la sua eredità sopravvisse attraverso sua figlia, che divenne nota come Euridice II. La vita e le azioni di Cynane esemplificano la forza e l'influenza delle donne nelle antiche società macedoni e illiriche.

L'etimologia del suo nome naturalmente va ritrovato nella lingua albanese:  

Cynane si legge Synane = Sy (occhio) + nane (madre/nel dialetto ghego dell'Albania) quindi...

Cynane = Occhi di Madre o Occhio della Madre 👁️

domenica 29 settembre 2024

MATRËNGA 🗡🔯🇦🇱

 


🌿 I Matranga, Mataranga o Matrangolo (in albanese Matrënga) furono una nobile famiglia albanese Cristiana Ortodossa 🇦🇱 del XIII e XV secolo.

I membri di questa famiglia erano imparentati con i Muzaka della tribù albanese dei Molossi discendenti di Alessandro Magno, includono governanti locali, funzionari Cristiani Ortodossi e scrittori. Dopo l'occupazione dell'Albania da parte dell'Impero ottomano, buona parte della famiglia emigrò nel regno della Corona d'Aragona in Italia (Napoli e Sicilia) e in Grecia. I loro discendenti [tra questi vi è la mia famiglia dalla mia umile nonna paterna] vivono ancora oggi nei villaggi, paesi e cittadine di lingua albanese d'Italia (Arbërisht) di tutto il sud, dove continuarono a mantenere la lingua e la cultura degli antichi avi.

Numerosi luoghi della Grecia sono chiamati Matranga, centri di insediamento degli Arvaniti-Arbëresh, albanesi discendenti dei Matranga.

Stemma della famiglia Matranga: di verde o azzurro, al braccio armato movente dal fianco sinistro dello scudo impugnante una spada d’argento alta in sbarra, accompagnata nel canton destro del capo da una Stella a sei punte o una luna crescente dello stesso. La Stella a sei punte 🔯 rappresenta la Stella di Salomone e la loro discendenza ancestrale. La spada 🗡 simboleggia l'origine e la volontà guerriera della casata Matrënga, simbolo della funzione ordinatrice della coscienza, inoltre simboleggia la resistenza e l'impegno della casata Arbëresh dei Matrënga contro i turchi-ottomani, rappresentati dalla mezzaluna musulmana, eroicamente respinti dagli albanesi nel XV secolo.


sabato 28 settembre 2024

GIUSTINIANO I 🌿☦

 

Nella foto il dettaglio di un mosaico di ritratto contemporaneo dell'imperatore Giustiniano I, vestito con una clamide viola reale e stemma ingioiellato nella Basilica di San Vitale, Ravenna, Italia. 547 d.C.

Giustiniano I, noto anche come Giustiniano il Grande, fu imperatore romano d'Oriente dal 527 al 565 d.C. Di etnia albanese 🇦🇱 nacque intorno all'anno 482 a Tauresium, un villaggio dell'Illirico. 

Giustiniano è considerato uno degli imperatori romani più importanti e influenti e gli storici lo hanno spesso descritto come un maniaco del lavoro che lavorava instancabilmente per espandere l'impero Cristiano Ortodosso.

Uno degli aspetti più duraturi della sua eredità fu la riscrittura uniforme del diritto romano, il Corpus Juris Civilis, che fu applicato per la prima volta in tutta l'Europa continentale ed è ancora la base del diritto civile in molti stati moderni. 

Giustiniano fu senza dubbio un insigne statista, eccezionalmente colto e dotato di grande conoscenza teologica per cui il suo regno segnò anche la fioritura della cultura romana d'Oriente Cristiana Ortodossa in seguito. Il suo programma edilizio produsse opere come la Basilica di Santa Sofia in Costantinopoli.

A causa di rovesci militari e all'aumento delle difficoltà economiche, Giustiniano, ormai più che ottantenne, fu costretto ad assistere al crollo di tutte le sue speranze. La morte lo colse improvvisamente nel novembre del 565 d.C. La restaurazione dell’impero romano rimase un sogno inappagato.

DEREK🔯🔥
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venerdì 27 settembre 2024

IL RITROVAMENTO DELLA VERA CROCE E L'ARRIVO DI UN SUO FRAMMENTO IN ETIOPIA

 

🌿 Oggi la chiesa Ortodossa celebra la commemorazione del ritrovamento della Vera Croce di Cristo. In Etiopia si celebra anche l'arrivo di un Suo frammento in suolo etiopico.

Morto Gesù e seppellito la sera del 15 Nisan, gli strumenti della crocifissione, ossia la Croce ed i chiodi, vennero sotterrati in una fossa o in una grotta vicina al sepolcro che Giuseppe di Arimatea aveva donato per ricevere le spoglie del Messia. Presso i Giudei era vietato seppellire i giustiziati nel cimitero comune: ciò era considerato profanazione. Dovevano essere seppelliti in luogo separato anche gli strumenti del supplizio: croci, chiodi, spade, sassi, ecc., perché disonorati dall'uso che se ne era fatto. Risorto Gesù ed asceso al cielo, il luogo del suo martirio divenne presto per i cristiani un luogo sacro. Vi affluivano spesso, isolati o in numero, per pregare su quella terra bagnata dal sangue del Redentore, per inginocchiarsi sopra la fossa che rinserrava il trofeo glorioso della Croce, per baciare la roccia su cui era stata adagiata la salma di Gesù. Il Golgotha, punto di attrazione per i seguaci di Gesù, dovette destare le attenzioni e le preoccupazioni dei Giudei e dei pagani che videro di malocchio quel santuario cristiano. L'imperatore Adriano (anno 117-138), divenuto negli ultimi anni della sua vita tiranno geloso e sospettoso, decretò la profanazione del Golgotha e del Santo Sepolcro per tener lontani i cristiani. Per suo ordine tutta la depressione che separava il Golgotha dal sepolcro di Gesù fu colmata di terra, in modo da chiudere l'ingresso al sepolcro e da far scomparire il Golgotha. Il luogo della crocifissione e della sepoltura di Gesù fu cinto da un argine e livellato con materiale di riporto. Su questa piattaforma Adriano fece costruire uno o forse due templi a Giove e a Venere. I cristiani, anche se non potevano più affluire al Calvario, non dimenticarono che la costruzione di Adriano nascondeva il luogo della Redenzione.


Quando poi sull'impero romano governava il giusto Costantino, nato da una nobile famiglia illirica-Arbëresh 🔯🇦🇱 a Nish della Dardania 🍐🇦🇱, fu chiamato Uguale agli Apostoli, avendo visto in visione nel cielo l'immagine della Croce di Cristo, come Paolo non ha ricevuto la sua chiamata dagli uomini ma da Cristo stesso. Convertito al Cristianesimo ha messo nelle mani di Cristo la città imperiale e per dimostrare il suo amore verso il Signore, Costantino decise di costruire una grande basilica sul Golgotha e sul sepolcro di Gesù.


Durante la demolizione dei templi di Adriano e per riportare alla luce il Golgotha e la grotta del Santo Sepolcro giunse a Gerusalemme la madre dell'imperatore Costantino, Sant'Elena, convertita da tempo al Cristianesimo, con il santo e generoso proposito di ritrovare la Santa Croce di Cristo.


La ricerca era difficile ed Elena era molto rattristata, ma il Signore la ricompensò delle sue premure: un giorno, quelli che erano con lei videro illuminarsi il suo volto, mentre la regina emetteva un grido di gioia. Fece un segnale, indicò un luogo e gli operai si misero a scavare il terreno. Elena, inginocchiata, pregava Gesù di esaudire i voti ardenti del suo cuore. Giunti ad una certa profondità, comparve una tavola coperta di terra con 4 parole incise in Ebraico, Greco e Latino. Era l'elogium che Pilato aveva fatto incidere sulla croce di Gesù: Gesù Nazareno Re dei Giudei. Mentre Elena piangeva e baciava la tavola gloriosa, gli operai estrassero le tre croci e, a parte, le iscrizioni dei due ladroni.

La gioia che riempì l'animo di Elena e degli astanti per il ritrovamento venne amareggiata dal fatto che non si poteva discernere quale delle tre fosse la croce del Signore.

Macario, Santo vescovo di Gerusalemme, ebbe l'idea felice di far portare le tre croci nella casa di una moribonda. Lo storico Rufino ci ha conservato la preghiera che il vescovo pronunciò in quel momento emozionante:

<< Signore, tu che concedesti la salute al genere umano per la morte in croce del Figlio tuo Unigenito e che ora hai ispirato alla tua serva di cercare il legno beato ove fu sospesa la nostra salvezza, mostraci con evidenza quale delle croci servì per la gloria divina e quali furono supplizio dei malfattori. Fa che questa donna, che giace sul letto semiviva, al tocco del legno salutare sorga subito dalla morte imminente alla vita>>.

Ciò detto, il vescovo si alzò e con una croce toccò il corpo della morente, la quale seguitò a dibattersi negli spasimi dell'agonia. La toccò con la seconda e il risultato fu il medesimo. Ma appena fu toccata dalla terza croce l'inferma, come scossa da un'energia, improvvisamente aprì gli occhi, saltò dal letto e cominciò a camminare per la casa glorificando Dio per la guarigione.

La tradizione di Costantinopoli racconta che la Croce di Cristo profumava di Basilico.


Durante il regno di Dawit I d'Etiopia, due mercanti, si presentarono al sovrano etiopico a nome di un re dei Franchi. Il Re d'Etiopia chiese loro dove fosse il legno della Croce che Elena aveva trovato sul Calvario ai tempi del fedele Costantino, gli interrogati risposero che i re dei Franchi se lo erano divisi tra loro in piccoli pezzi.

Dopo un po' di tempo, giunsero in Etiopia, insieme al Metropolita Bartolomeo, dei messaggeri del re dei Franchi i quali, interpellati al proposito da Dawit, riferirono al sovrano le medesime cose che avevano detto i precedenti riguardo al legno della Croce. Il sovrano allora inviò uno di questi messi, di nome Abrehan, con mille pezzi d'oro, affinché gli portasse il legno della Croce di Cristo.

L'inviato, partito dall'Etiopia il 9 del mese di Terr, e imbarcatosi ad Alessandria per andare nel paese dei Franchi, ritornò ad Alessandria a causa di un naufragio e si presentò, qualificandosi come messaggero del re d'Etiopia, al governatore della città cui espose le sue vicissitudini.

Quando il governatore di Alessandria vide che era molto preoccupato gli diede una nave; quell'ambasciatore salì sulla nave, partì, e giunse dal re di Bandaqeya (Venezia) di nome Michele Steno, doge di Venezia (1400-1413). Quando il re vide, si alzò dal suo trono, gli rese omaggio, e gli chiese la storia della terra d'Etiopia. Anche la sua sposa la regina, avendo sentito questo, si meravigliò grandemente. La richiesta rivolta al doge di Venezia fu esaudita e un pezzo del legno della Croce, insieme con altre reliquie e preziosi doni, furono inviati al Patriarca di Alessandria Matteo con una missiva, affinché li trasmettesse a sua volta, con la propria benedizione, al re d'Etiopia. Il Patriarca accomiatò quindi l'ambasciatore e lo benedisse affinché il Signore assecondasse il suo cammino. E giunse senza inciampo, in buona salute, nella terra d'Etiopia. Quando il re di Etiopia udì che era giunto l'ambasciatore del re di Bandaqeya con il Santo Legno della Croce, esultò di grande gioia, batté le mani, danzò con i piedi e girò attorno alla chiesa glorificando e salmeggiando con i sacerdoti, i capi del suo esercito e tutti i suoi ufficiali che erano con lui. Anche l'Abuna, il Metropolita abba Bartolomeo e l'Abuna il vescovo abba Marco, si pararono con le loro vesti sacerdotali, la cui bellezza rapisce gli occhi, e i sacerdoti del tabernacolo di destra e di sinistra, essendosi coronati con le loro corone bianche, accolsero il Legno della Croce di Cristo con onore e gloria. E la preziosa reliquia fu portata nella chiesa di Michele che lo stesso re aveva costruito. Le celebrazioni, molto solenni, si protrassero per otto giorni.

Buona festa della Croce!!! Che Dio ci protegga. 🙏🏾

DEREK🔯🔥
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domenica 22 settembre 2024

LA MADONNA D'ITRIA

 

La presenza del Cristianesimo Ortodosso nel Sud Italia risale fin all'epoca apostolica, e nonostante fu perseguitata e totalmente spazzata via dalla chiesa cattolica romana, ancora oggi, in molte zone del sud Italia si venerano molte icone, che secondo la tradizione, furono trasportate in questi luoghi dai monaci Ortodossi da Costantinopoli o altri centri Ortodossi d'Oriente. Il caso più noto e caratteristico è quello della Madonna d'Itria o Odigitria, protettrice della Sicilia.

Nelle storie dell'arrivo di tali icone in Occidente, malgrado la totale cattolicizzazione del territorio, vi è quel lontano ricordo di un tempo in cui il Sud Italia era Ortodosso, e in alcuni dipinti ricorre il topos letterario di due monaci Ortodossi che portano in salvo via mare l'Immagine della Vergine nascosta in una cassa: per questo motivo, nelle rappresentazioni di Nostra Signora di Costantinopoli spesso la figura di Maria con il bambino Gesù appare spuntare da una cassa portata in spalla da due anziani monaci Ortodossi (Calogeri), come nel caso del dipinto di Antonello Riccio "La Madonna di Costantinopoli (d'Itria)" venerata nella chiesa di Santa Caterina di Valverde a Messina. Simon Pietro e Paolo di Tarso stanno a sinistra e a destra a simboleggiare l'appartenenza e la continuità apostolica Ortodossa dell'Immagine venerata e portata in spalla dai monaci Ortodossi.