giovedì 19 gennaio 2023

I SETTE MACCABEI E IL VERO AMORE DI UNA MADRE.

 

I primi precursori dei martiri di Cristo furono i sette fratelli Maccabei e la loro madre Solomonia, insieme al loro maestro, Sant'Eleazar.

 Furono processati ad Antiochia dal re Antioco Epifane. I santi martiri si riconoscevano senza timore seguaci del Vero Dio e sotto brutali torture rifiutarono di mangiare la carne di maiale, cosa proibita dalla Santa Legge del Signore.

«Non temere questo carnefice, ma accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme ai tuoi fratelli nel giorno della misericordia»... Sono le parole di una madre eroica che ci rivela che cosa vuol dire amare. Ella fa di tutto per la salvezza dell’anima dei suoi figli: questo è l’amore!!!

Ecco i punti salienti della loro storia:

"Sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re a forza di flagelli e nerbate a cibarsi di carni di porco proibite.... Uno di essi, fattosi portavoce di tutti, disse: "Che cosa vorresti domandare o sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le Leggi paterne".

Il re, fatti arroventare i padelloni e le caldaie, comandò di tagliare la lingua, scorticare il capo e mutilare le estremità a quello che si era fatto loro portavoce, mentre gli altri fratelli e la madre stavano là a guardare. Quando quello fu cosí completamente mutilato, dette ordine di gettarlo sul fuoco, mentre ancora respirava... Condussero quindi il secondo al ludibrio; anch'egli subí a sua volta il supplizio come il primo. Giunto però all'ultimo respiro disse: "Tu, genio furioso, ci strappi dalla nostra presente vita: ma il Re del mondo farà risorgere all'eterna risurrezione di vita noi che siamo morti per le sue leggi".

... Alla loro richiesta, il terzo mise fuori subito la lingua e stese avanti le mani coraggiosamente, dicendo con fierezza: "Queste membra le ho ricevute dal cielo e per le sue leggi non ne faccio conto alcuno, ma spero di riaverle nuovamente da Lui".

... Morto anche questo, martoriarono il quarto con le stesse torture. Sul punto di morire, disse: "È preferibile morire per mano degli uomini e avere da Dio la speranza di essere un giorno da Lui risuscitati. Per te certamente non ci sarà risurrezione alla vita".

... Il quinto condotto alla tortura, fissando il re, disse: "Tu hai un'autorità tra gli uomini e, pur essendo mortale, fai quello che vuoi; ma non credere che la nostra razza sia stata abbandonata da Dio. Quanto a te, abbi pazienza e vedrai come la sua grandiosa Potenza tormenterà te e i tuoi discendenti". Similmente per il sesto... Rimanendo il piú giovane. il re Antioco non solo lo scongiurava con le parole, ma lo assicurava anche con giuramenti di farlo insieme ricco e invidiabile, di averlo come amico e di affidargli uffici governativi, qualora avesse abbandonato le patrie leggi. Siccome il giovane non gli prestava minimamente attenzione, il re chiamò la madre, esortandola a farsi consigliera di salvezza per il giovanetto.

Dopo tanti ammonimenti, ella accettò di persuadere suo figlio. Chinatasi su di lui, per scherno del crudele tiranno, cosí disse nella lingua paterna: "Figlio, abbi pietà di me che ti ho portato in seno... che ti ho educato... Ti prego, o figlio, di osservare il cielo e la terra e di mirare tutte le cose in essi contenute e di dedurne che Dio non le ha fatte da cose preesistenti, e che il genere umano ha la stessa origine. Non temere questo carnefice, ma accetta la morte, mostrandoti degno dei fratelli, affinché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli al momento della misericordia".

Stava ella ancora parlando, che il giovane disse: "Che aspettate? Non obbedisco all'ordine del re, ma obbedisco al precetto della legge data ai nostri padri per mezzo di Mosè. Tu, però, che ti sei fatto inventore d'ogni male contro gli Ebrei, non sfuggirai certamente alle mani di Dio. Noi infatti soffriamo a causa dei nostri peccati. Se per nostro castigo e correzione il nostro Dio vivente si è adirato per breve tempo, di nuovo egli si riconcilierà con i suoi servi. Tu, invece, o empio, non ti esaltare invano—perché non sei ancora sfuggito al giudizio di Dio che tutto può ed osserva. Or dunque, dopo aver sopportato un breve tormento, i nostri fratelli sono giunti alla divina alleanza della vita eterna; tu invece riporterai dal giudizio di Dio le giuste pene della tua superbia. Quanto a me, dò anch'io, come i miei fratelli, corpo e anima per le leggi avute, e prego Iddio che si mostri presto misericordioso verso il suo popolo e che tu finisca col confessare, tra prove e flagelli, che solo Lui è Dio; e che l'ira dell'Onnipotente, abbattutasi giustamente su tutta la nostra stirpe si arresti su di me e i miei fratelli".

Allora il re, furioso, usò con lui un trattamento piú feroce che con gli altri, non potendo sopportare lo scherno. Cosí anch'egli passò da questa vita senza affatto macchiarsi, pieno di fiducia nel Signore. UItima, dopo i figli, morí la madre".

Così facendo, questa madre coraggiosa generava i suoi figli una seconda volta, e questa volta, alla vita eterna.