sabato 23 agosto 2025

SAN MERCURIO DEGLI ARBËR E LA MEMORIA STORICA DEGLI STRATIOTI ARBËR IN EUROPA

 

Nella memoria storica e religiosa dei primi Arbër della diaspora, la figura di San Mercurio occupa un posto speciale. 

Mentre oggi il nome di questo santo non è frequente tra gli Arbër e le chiese a lui dedicate sono poche in Grecia e nelle aree di migrazione degli Arbër, nei secoli XV-XVI il suo culto godeva di grande importanza.

Prima del 1821, quando San Giorgio divenne il patrono della rivoluzione Arvanita e in seguito dello stato ellenista greco, la popolazione Arvanita-Arbëresh aveva San Mercurio come patrono. Questo culto era strettamente legato alla natura guerriera degli Arbër e degli Stratioti Albanesi, che vedevano in San Mercurio la figura del santo del soldato e del vincitore in battaglia.

Una chiara testimonianza di questo culto è la diffusione del nome Mërkur tra gli Albanesi del sud e in particolare tra gli Arvaniti. Una delle figure più famose che porta questo nome è Mërkur Bua Shpata, discendente della famiglia principesca Albanese dei Bua Spata in Morea, uno dei più importanti stratioti Albanesi del XV-XVI secolo. Questo nome, associato al culto del santo, racchiudeva non solo il simbolismo della fede Cristiana Ortodossa, ma anche una dimensione identitaria marziale, conferendo al portatore del nome uno status legato alla tradizione dei vincitori e dei difensori della fede.

La figura di Mërkur Bua è una delle prove più evidenti del legame tra il culto di San Mërkur e l'identità marziale degli Arbër. Bua fu comandante di 300 stratioti Arbër e prestò servizio negli eserciti più potenti d'Europa. Combatté per l'imperatore tedesco Massimiliano I, per Luigi XII di Francia, per Venezia e partecipò alle battaglie più importanti dell'epoca. Nella battaglia di Marignani (1515), dove si affrontarono gli eserciti francese e svizzero, gli albanesi al suo comando sbaragliarono l'ordine di battaglia di 40.000 svizzeri, costringendoli alla ritirata. Le cronache europee registrano questa battaglia come la "vittoria dei giganti", dove 300 cavalieri Albanesi si presentarono come un intero esercito.

Lo storico e poeta Coroneo degli Arbani di Grecia, scrisse di lui come discendente di Pirro d'Epiro, Achille, Enea e Alessandro Magno: un'iperbole che attesta lo straordinario rispetto e la fama di questo guerriero Arbano. Nella battaglia di Pavia (1525), pur trovandosi di fronte al suo ex alleato, il re Francesco I di Francia, Bua dimostrò una rara grandezza: quando il re francese fu sconfitto e fatto prigioniero, i mercenari catalani volevano ucciderlo, ma Mërkur Bua intervenne e gli salvò la vita, conferendogli gli onori di un sovrano. Questo gesto era in linea con l'ideale di San Mercurio, guerriero e uomo giusto, a dimostrazione che per gli Arbëri la guerra non aveva solo una dimensione militare, ma anche etica e spirituale.

Il culto di San Mercurio tra gli Arbëri era legato al loro ruolo di soldati della diaspora, come stratioti in Italia, Dalmazia, Francia, Austria, Fiandre, Spagna e Prussia. San Mercurio era visto come il protettore della loro vita precaria, come garante della vittoria e dell'onore in battaglia. Per questo motivo il suo nome divenne comune e numerose chiese dell'epoca gli furono dedicate. Purtroppo, nel corso dei secoli con la presa della chiesa Ortodossa-Arbër di Costantinopoli da parte degli ellenisti e con il mutare delle priorità del culto religioso ellenista del moderno stato greco, questo santo è quasi scomparso dalla memoria collettiva. Oggi, solo resoconti storici e pochi nomi rimasti nelle genealogie testimoniano questo antico legame.

Un importante elemento simbolico è anche la bandiera donata a Mërkur Buas dall'imperatore Massimiliano I nel 1510, che raffigurava un'aquila bicipite nera – simbolo tipico dell'eredità Ortodossa-Arbër – e le insegne araldiche del Ducato di Borgogna. Questa bandiera testimonia la combinazione dell'elemento Arbër con la tradizione europea, a dimostrazione che gli stratioti albanesi e tutti gli Arbër della diaspora non hanno mai perso la loro identità.

Il culto di San Mërkur e la figura di Mërkur Bua fanno parte di un ricco patrimonio, in cui storia, religione e identità Arbër si fondono in una potente narrazione. San Mercurio, in quanto patrono degli Arbër, prima che la Chiesa Ortodossa-Arbër di Costantinopoli fosse presa dagli ellenisti del moderno stato greco e San Giorgio diventasse patrono della Grecia, rappresenta uno strato profondo della cultura della diaspora Albanese e del suo ruolo militare in Europa. La figura di Mercurio Bua, d'altra parte, incarna gli ideali del santo: coraggio, lealtà, onore e grandezza. Questo legame speciale dimostra che gli Arbër, ovunque combattessero, conservarono non solo le loro armi e i loro costumi, ma anche una dimensione spirituale del loro retaggio Ortodosso, rimanendo inseparabili dalle loro radici.


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