lunedì 11 agosto 2025

L'OPERA DI PAPANTONIOU

 

"Quando Re Ottone di Grecia arrivò in Grecia nel 1830, riusciva a malapena a sentire qualcuno parlare greco, così chiese: 'Dove sono i greci ad Atene?'

I suoi cortigiani si guardarono l'un l'altro e risposero: 'Non ci sono greci, ma non preoccupatevi perché questa popolazione albanese sarà sempre fedele alla vostra monarchia'".

Questa citazione, inserita in un contesto storico reale, rafforza alcune verità spesso silenziose della storia ufficiale: quando Ottone sbarcò in quella che poi sarà chiamata Grecia (ufficialmente nel 1832), il paese era stato devastato dalla guerra d'indipendenza (1821-1829) e la città di Atene, ancora poco sviluppata e in gran parte disabitata, era abitata principalmente da Arvaniti, albanesi Ortodossi sia autoctoni che insediati fin dal Medioevo.

La lingua greca non era ancora dominante in città come Atene, mentre l'elemento albanese non solo aveva una pronunciata presenza linguistica e culturale, ma costituiva anche la principale forza combattiva che sostenne la formazione dello stato greco moderno. Questi dati, sebbene spesso trascurati dalle narrazioni nazionali, sono confermati anche da altre fonti storiche e documentarie.

Papantoniou, con il suo stile tipicamente critico e tagliente, pone questa realtà al centro della sua ironia storica, mostrando uno scontro tra le aspettative "europee" del re bavarese e la realtà multietnica e linguistica della neonata Grecia. Inoltre, l'affermazione sulla "lealtà della popolazione albanese" alla monarchia è una chiara allusione al ruolo degli Arvaniti nel mantenimento della stabilità interna e al loro contributo alla fondazione dello stato.

Questa prospettiva ci ricorda che la costruzione delle identità nazionali non è un processo semplice e lineare, ma spesso un'attenta selezione della memoria collettiva e la cancellazione di elementi che non si adattano alla narrazione ufficiale. Opere come quella di Papantoniou offrono una rara opportunità di leggere tra le righe della storia e di riscoprire le tracce di comunità che l'hanno significativamente influenzata, ma che sono spesso rimaste nell'ombra.

"Re Ottone" di Zaharias Papantoniou, pubblicato nel 1934 dalla Casa Editrice Dimitrakou di Atene, rappresenta uno dei tentativi più singolari di descrivere con ironia, ma anche con occhio critico, gli albori dello stato greco moderno sotto il regno di re Ottone di Baviera. Tra i numerosi episodi che gettano luce sugli aspetti politici e sociali di quel periodo, un breve ma estremamente significativo frammento serve da spunto per riflettere sulla struttura etnica e linguistica di Atene all'inizio del XIX secolo:

Nota a piè di pagina

1. Zaharias Papantoniou, Re Ottone, Casa Editrice Dimitrakou, Atene, 1934. Sulla copertina vi è raffigurato un albanese in abito tradizionale albanese che in seguito fu rubato dal moderno stato greco.


E anche:
- RE OTTONE NON ACCETTA L'ALBANESE E LA SUA STORIA ⬇️
https://giuseppecapparelli85.blogspot.com/2024/11/re-ottone-non-accetta-lalbanese-e-la.html

Girate queste informazioni ai moderni pseudo filo-greci che nascondono i fatti storici ingannando loro stessi e gli altri.

venerdì 1 agosto 2025

I QUARANTA BAMBINI 🎼🎺🥁

 

🌿 Hailé Selassié I durante la sua prima visita a Gerusalemme (1924)

Hailé Selassié I, futuro imperatore d'Etiopia, compì il suo primo viaggio internazionale nel 1924. All'epoca era giovane ed era sia l'erede al trono che il sovrano d'Etiopia, il che significa che governava in nome dell'imperatrice. Era un leader dalla mentalità moderna che desiderava modernizzare l'Etiopia, abolire la schiavitù e promuovere il suo paese a livello internazionale. Parlava fluentemente il francese e aiutò l'Etiopia ad aderire alla Società delle Nazioni.

Il suo viaggio lo portò attraverso l'Europa e il Medio Oriente per stabilire relazioni diplomatiche. Viaggiò in treno e in nave, arrivando infine a Gerusalemme. Gli etiopi avevano una lunga tradizione di visite a Gerusalemme e lo stesso Hailé Selassié I nutriva un affetto speciale per il Santo Sepolcro, un luogo di grande importanza per i cristiani. Il loro viaggio coincise con le festività pasquali, il che permise loro di partecipare a cerimonie speciali, tra cui l'accensione della lampada. Trascorsero dieci giorni visitando numerosi luoghi sacri e storici.

🌿 Perché Hailé Selassié I visitò Gerusalemme.
Hailé Selassié I aveva obiettivi chiari per il suo viaggio:

Pellegrinaggio: Da cristiano profondamente religioso, stava seguendo le orme del padre. Dimostrò grande rispetto visitando i luoghi santi. Questo contribuì a dissipare le voci in Etiopia secondo cui si fosse convertito al cattolicesimo.

Aiutare gli etiopi a Gerusalemme: Considerava il suo viaggio anche un "viaggio d'affari"; si trattava di aiutare la povera comunità etiope che viveva in condizioni difficili sul tetto del Santo Sepolcro (Golgota). Aveva in programma di incontrare il Patriarca ortodosso egiziano per discutere dei loro problemi.

Proprietà e relazioni ecclesiastiche: Si dice che negoziarono con il Patriarca greco per l'acquisto di una stanza in un monastero vicino al Santo Sepolcro (Golgota) da utilizzare come sala di preghiera per gli etiopi. In cambio, si dice che abbiano donato un ampio appezzamento di terreno al Patriarca greco in Etiopia. Visitarono anche le proprietà etiopi a Gerusalemme che i monaci utilizzavano come fonte di reddito.

🌿 Armenian Orphan Band:

Una delle visite più significative del loro viaggio fu quella a un monastero armeno. Incontrarono il Patriarca armeno e videro una banda musicale composta da 40 bambini armeni di età compresa tra i 15 e i 18 anni, sopravvissuti al genocidio del 1915. Questi orfani erano stati portati a Gerusalemme nel 1922.

Il Patriarca disse ad Hailé Selassié I che prendersi cura di questi talentuosi musicisti era un grande onere finanziario. Hailé Selassié I, mosso da compassione, li portò ad Addis Abeba e diede loro una residenza permanente. Invitò l'intera banda, insieme al loro insegnante e direttore, a trasferirsi ad Addis Abeba e a nominarli Musicisti Reali d'Etiopia. Fu firmato un contratto di residenza quinquennale con l'Armenian Charity Society, responsabile della cura degli orfani. Anche la comunità armena di Gerusalemme accolse con grande gioia l'iniziativa di Hailé Selassié I.

,🌿 "Quaranta Bambini" e l'inno nazionale etiope:

Dopo il fruttuoso viaggio di Hailé Selassié I dall'Europa, gli orfani armeni lo raggiunsero a Porto Said, in Egitto, e si diressero ad Addis Abeba. Sebbene Hailé Selassié I non abbia scritto molto su di loro nelle sue memorie personali, era chiaro che fossero molto importanti per lui.

Questi 40 orfani armeni arrivarono ad Addis Abeba il 6 settembre 1924 e divennero noti come i "Quaranta Bambini". Formarono la Royal Ethiopian Band, ricevettero uno stipendio mensile, alloggio e lezioni di musica dal loro direttore musicale armeno, Kiwerk Nalbandian, egli stesso orfano.

L'imperatore Hailé Selassié I rimase così colpito dall'esibizione della banda che chiese a Nalbandian di comporre l'inno nazionale etiope nel 1926. Nalbandian compose l'inno nazionale, "Tefiri Marsh, Ethiopia Hoi", che significa "Rallegrati, Etiopia!", e fu eseguito per la prima volta dai 40 orfani di Addis Abeba il 2 novembre 1930, quando l'imperatore Hailé Selassié I fu incoronato imperatore.

Sebbene la banda si sciolse dopo l'occultamento dell'imperatore, si dice che la maggior parte dei suoi membri sia rimasta in Etiopia. Questo evento, unito all'arrivo di altri talentuosi armeni, portò la comunità armena di Addis Abeba a crescere e ad aumentare di numero durante il regno dell'imperatore Hailé Selassié I. Ingegneri, fotografi, medici e uomini d'affari armeni contribuirono a trasformare la città in un fiorente centro culturale e commerciale. Al suo apice, oltre duemila armeni vivevano e lavoravano ad Addis Abeba, e la città aveva una chiesa, una scuola superiore e un club molto attivi. Tuttavia, dopo la rivoluzione marxista, ne rimasero solo una cinquantina.

giovedì 31 luglio 2025

I PADRI DELLA RAZZA GRECA E LATINA 🇦🇱

 

⚡ «Οἱ ̓Αλβανοί θεωροῦνται εἰκότως πατέρες τῆς Ἑλληνικῆς φυλῆς»
" Gli Albanesi sono considerati i padri della razza greca"

📜 "Nell'Epiro superiore e medio, dai monti Grammonas e Acrokeravnia alla catena del Pindo e lungo il Drimino, dall'Adriatico e dallo Ionio all'Egeo, ma anche su alcune isole e attorno all'Attica, in gruppi e sporadicamente, vivono gli Albanesi, QUESTA ANTICA TRIBÙ PELASGICA ED ERACLEA, questi coraggiosi e valorosi difensori della fede della patria e fedeli osservatori e custodi degli antichi costumi e tradizioni. GLI ALBANESI SONO CONSIDERATI I PADRI DELLA RAZZA GRECA [...]
 
[...] Questi, come la maggior parte dei popoli antichi dalle rive dell'Eufrate e del Gange fino al Caspio e al Caucaso, accampandosi tra l'Iberia e il Caspio e il Perigeo dell'Ocumene dionisiaco, erano inizialmente ciclopici, nomadi e pastori."
(Estratto da: "Gli albanesi e il loro futuro nell'ellenismo, con un'appendice sui greco-valacchi e bulgari" Anno: 1879)

⚡ «οἱ ̓Αλβανοί πατέρες, τῶν Λατίνων Τὸ γένος, τὰ τειχόκαστρα τῆς δοξασμένης Ρώμης» 
"I padri Albanesi, la stirpe latina, tengano le mura della gloriosa Roma." (Virgilio)

📜"Io, che prima cantavo con un tenero flauto e dalle foreste che emergevano ai campi aperti stringevo e insaziabili coppie di volontà per volgere, un'opera gradita ai contadini, ora canto i carri e l'eroe del crudele Marte, che, come volle il Fato, fuggendo dalla terra di Troia, in Italia sulle rive di Lavinio giunse per primo, poiché dalle divine sinergie ha reso paradisiache molte terre del mare, per l'ira insonne dell'iraconda Era, e poiché da dove molte la guerra sopportò, affinché potesse fondare la patria e portare nel Lazio gli dei di Othe, I PADRI ALBANESI, LA STIRPE LATINA, tengano le mura della gloriosa Roma. Musa, studia le ragioni per me, per la volontà di chi sfida, per quale bisogno di lei la regina degli immortali, il persiano timorato di Dio, soffrì così tanto, così tanto? Tale L'ira si adatta alle viscere celesti. C'era un paese antico, dove i Tiri avevano la loro dimora, in Italia di fronte, di fronte alla foce del Timbrio, Cartagine, ricchissima di potenza e di opere. Feroce in guerra, dove, come si dice, Era amava, unica più di ogni altra terra, più della stessa Samo. Lì aveva un carro, lì carri; a questo regno per dare ai popoli, che il Fato in qualche modo avrebbe perdonato, la dea si prese cura e si prese cura da allora in poi."
(Estratto da: Virgilio, "Eneide di Virgilio", libro primo)

DEREK 🔯🔥

sabato 26 luglio 2025

RE PIRRO D'EPIRO.


 • Re dell'Epiro, Pirro è una delle figure più importanti della storia albanese dell'antichità e la sua vita turbolenta è vividamente descritta da Plutarco.

Con l'ascesa del re molosso, l'antico Epiro acquisì per la prima volta splendore, ben oltre i suoi confini.

~~ Pirro divenne famoso per la sua campagna nell'Italia meridionale, a sostegno delle tribù illiriche come i Messapi e gli Iapigi dell'Illiria di quel tempo.

Pirro e Annibale furono gli unici a contrastare l'avanzata dell'impero romano.

Le vittorie che ottenne, dopo pesanti perdite, diedero origine all'espressione "vittoria di Pirro".

• Tuttavia, la campagna di Pirro in Italia e l'indebolimento della sua patria da parte di una popolazione bellicosa gli causarono in seguito gravi danni, quando fu conquistata dai Romani. Vale la pena notare che Pirro ebbe la fortuna di ereditare l'organizzazione militare di Alessandro Magno, che per l'Epiro è l'equivalente di Filippo II.

~~ Alessandro riorganizzò la società albanese epirota ed è probabilmente il successore delle formazioni che... Nel 353 a.C., il matrimonio di Filippo con Olimpiade portò l'Epiro e il suo esercito sotto l'influenza macedone.

Fu allora che le unità di ricognizione apparvero per la prima volta nell'esercito continentale.

•Nel 281 Taranto (nell'Italia meridionale) chiese l'aiuto di Pirro contro Roma.

Attraversò l'Italia con circa 25.000 uomini e nel 280 ottenne una vittoria completa, forse costosa, su un esercito romano a Eraclea.

Nel 279 Pirro, subendo nuovamente pesanti perdite, sconfisse i Romani ad Ausculum (Ascoli Satriano) in Puglia.

•Nel 275 subì gravi perdite in una battaglia contro Roma a Benevento.

• Anche Pirro, re dell'Epiro, portò venti elefanti per attaccare i Romani nella battaglia di Candia nel 280 a.C.

I Romani non erano preparati a combattere contro gli elefanti e le forze dell'Epiro inflissero loro una schiacciante sconfitta.

• Pirro entrò in Italia con un esercito composto da 20.000 fanti, 3.000 cavalieri, 2.000 arcieri, 500 frombolieri e 20 elefanti da guerra nel tentativo di sottomettere i Romani.

Gli elefanti gli erano stati prestati da Tolomeo II Filadelfo, che aveva anche promesso 9.000 soldati e altri 50 elefanti per difendere l'Epiro mentre Pirro e il suo esercito erano lontani dall'Epiro, che si trovava nell'Italia meridionale.

Fonti:👇
Livio 32.5.9
Hammond 1967: 209-211, 699-700,
Imperium Romano.

martedì 22 luglio 2025

LA GIOIA DEGLI ARVANITI

 

🌿 Alla fine degli anni Ottanta, uno studioso albanese, storico e linguista, si recò ufficialmente in Grecia. Da studioso appassionato, si trovò nella maggior parte delle zone di lingua albanese.

Era padre di un bambino, come tutti gli albanesi di quel tempo, cioè poveri, una volta si fermò da qualche parte a Maratona, in Grecia, sul ciglio della strada, per comprare della frutta. C'era una zona abitata dagli Arvaniti e il venditore era un Arvanita.

Comunicare in albanese con il ragazzo divenne il motivo per cui l'Arvanita intervenne e così abbiamo una storia tanto toccante quanto interessante. L'Arvanita li scambiò per... Arvaniti di Grecia e li ascoltò con molta attenzione...

Il padre va a comprare delle pere, ma il ragazzo non le preferiva e disse al padre in albanese davanti all'Arvanita:

- "Per favore padre, non voglio pere, voglio mele. (nuk dua dardhë, dua mollë)."

L'Arvanita, quando lo sentì, rimase stupito. Era molto colpito da un ragazzo così giovane che conosceva così bene la "lingua arvanita", come faceva da bambino...

"La lingua Arbër vive e non morirà mai con questi uomini coraggiosi", pensò il fruttivendolo.

Negli occhi del vecchio Arvanita, si vedevano stranamente delle lacrime sgorgare dai suoi occhi...

Questo colse padre e figlio di sorpresa.

"Come conosce bene la lingua arvanita il ragazzo", si rivolge a lui il vecchio Arvanita.

"Che tuo figlio viva a lungo come le montagne."

E continuò così: "Con uomini così coraggiosi, la lingua arvanita non andrà mai perduta, non deve andare perduta. Perché è la lingua dei coraggiosi, degli eroi, tutti gli eroi della Grecia sono arvaniti."

Padre e figlio capirono cosa stava succedendo e, dopo averlo lasciato calmare dalla contentezza, il padre disse:

"Noi, signore, non siamo arvaniti, siamo albanesi e parliamo la vostra stessa lingua, come forse saprete."

Il vecchio non se l'aspettava e per un attimo si perse, dato che non aveva mai sentito parlare albanesi prima, ma poi si riprese e disse:

"Eh! Davvero?"

"Sì, signore."

Dopo aver ricevuto alcune spiegazioni, il vecchio finalmente capì.

"Sì, sì, sì, com'è facile capirsi... ma per favore, parlami un po' di albanese..."

"Come parli bene la nostra lingua",
rivolgendosi al figlio...
"Prendila, figlio mio, prendi quante mele vuoi, prendi quello che vuoi, non voglio soldi da te. Poiché mi piaci così tanto, mi hai ricordato la mia infanzia, il tempo in cui nel villaggio tutti parlavano arvanita. Oh, che miracolo fu quello, e anche questo."


Passò più di mezz'ora così, parlando in arvanita.


E poi si rivolge a suo padre, dicendo:

"Centinaia di anni qui in Grecia e la nostra lingua non è cambiata affatto...

Oh, quanto hai reso felice questo vecchio, ne sono stato commosso, ero convinto prima di morire che la nostra lingua vive da qualche parte e che Dio la benedica e la faccia crescere. La lingua Arbër non scomparirà, dicevano gli anziani, ma io avevo paura perché non è scritta e nessuno la insegna a scuola qui in Grecia.

Che tu possa vivere e che Dio sia sempre con te e con la lingua arvanita."

"Ogni pietra che sposterai in Grecia parlerà... arvanita. Ma tempi bui stanno arrivando per la nostra lingua, qui in Grecia. Puoi fare qualcosa al riguardo?"

La preoccupazione del vecchio.
La gioia del vecchio.
L'anima del vecchio.
La lingua arvanita.

Dopo tanto discutere prendemmo la via del ritorno.

Non dimenticherò lo sguardo amaro dell'anziano, che mi guardava perdermi alla svolta della strada. Questo, perché non avrebbe avuto alcuna speranza che gli Arvaniti sarebbero riusciti a sopravvivere.

Dopo 25 anni. Quanto aveva ragione il vecchio Arvanita. Il tempo lo ha dimostrato.

Tra altri 25 anni, non ci saranno più il dialetto arvanita e la lingua albanese in Grecia.

📷 Nella foto: dipinto di Albanesi di Atene... 

"Atene era solo un villaggio albanese. Quasi tutta la popolazione dell'Attica è considerata ed è composta da albanesi. A tre leghe di distanza (14,5 Km) dalla capitale ci sono villaggi che capiscono a malapena il greco."

(Empire Newspaper (Sydney, Australia) 5 Maggio 1863)

venerdì 4 luglio 2025

SULLA "MIGRAZIONE" DEGLI ARVANITI NELLE AREE DEL MODERNO STATO GRECO:

 

Ci viene detto dai moderni filogreci (e loro insistono su questo) che gli Albanesi-Arvaniti giunsero in quel territorio che oggi viene chiamato Grecia, per la prima volta, nel XIII e XIV secolo d.C., e che prima di queste discese, non c'erano Arvaniti in questo paese!

Ma allora:

1. Perché quella che ora è chiamata Grecia, durante il periodo dell'Impero Romano, apparteneva alla provincia dell'"Illirico"?

2. Perché, durante il periodo dell'inizio dell'Impero Bizantino, il Peloponneso apparteneva all'"Illirico Orientale", che aveva Corinto come capitale? E

3. Perché tutti i toponimi antichi (pre-ellenici), i nomi (di dei ed eroi), così come le iscrizioni anteriori al VI secolo a.C., che non possono essere interpretati in lingua greca (antica e moderna), sono interpretati in Albanese-Arvanita-Arbëresh? 

Quindi chiediamo a ogni autentico studioso di storia greca:

È possibile che la Provincia e il Thema dell'Illirico non avessero Illiri, cioè Albanesi-Arvaniti?

È possibile che, dove ci sono toponimi Albanesi-Arvaniti, non ci fossero Arvaniti?

Che qualcuno si renda finalmente conto che la storia degli Albanesi-Arvaniti-Arbëresh è stata scritta di nuovo e in maniera errata, e questa volta... dagli stessi ignoranti Arbëresh e Arvaniti che hanno subìto il lavaggio del cervello dal moderno ellenismo bavarese!!!

Qui le risposte ⬇️
MOJ E BUKURA MORE:
https://giuseppecapparelli85.blogspot.com/2025/06/moj-e-bukura-more.html

📷 Nella foto:
- Mappa della prefettura dell'Illirico 0-399 d.C.

-Traduzine testo foto: La provincia di Acaia, dal 395 d.C. con la separazione dello stato romano d'Oriente da quello d'Occidente, appartiene all'Illirico Orientale con capitale a Corinto e retta da un governatore.

DEREK 🔯🔥
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giovedì 26 giugno 2025

IMPARATE LA STORIA


"Ringrazio le istituzioni italiane per aver integrato e non assimilato gli Arbëresh."
(Bajram Begaj, presidente della Repubblica d'Albania, 26 giugno 2025)

Mentre in Italia gli Arbëresh, o albanesi d'Italia, furono integrati nel territorio italiano, gli Arvaniti, gli Albanesi del moderno falso stato greco, furono perseguitati e forzati a dimenticare le loro radici e la loro lingua e assimilati a uno stato fittizio dove paradossalmente inizialmente non si parlava nemmeno greco.

Nel 1916 nel moderno stato della Grecia voluto dagli inglesi ancora si parlava Albanese, e con tutti i mezzi si cercava di cancellare questa lingua e la loro identità.

📷 Nella foto, Tema: Popullsia Arvanite në Greqinë Arvanite, documento n. 126
"ALBANIA - L'ascesa di un regno" di J. Swire - 1971 
ALBANIA PRIMA DEL TRATTATO DI BERLINO
"I capifamiglia [Arvanite-Albanesi] forniscono i migliori soldati dell'esercito greco e anche ottimi marinai" (E.B. 12: 430).
In un articolo del mensile greco Parnassos (febbraio 1916: C.C. 206), si afferma che "la maggior parte dei nostri soldati parla tra loro in lingua albanese, un'abitudine molto deplorevole. È opportuno che questa abitudine venga eliminata con tutti i mezzi necessari e vigorosi". Il principe Lichnowsky scrisse: "lo stesso cosiddetto abito nazionale greco è di origine albanese".

Furono quindi anche gli stranieri, soprattutto i britannici, a unirsi agli ellenici nello sterminio della lingua Albanese nel moderno stato greco. Perché la lingua è la nazione. Se hai perso la tua lingua, hai perso identità e nazionalità.

E ci sono ancora dei tizi 🤡 filogreci tra gli Arbëresh che cercano di distorcere la storia negando e nascondendo come il moderno stato greco abbia agito per eliminare l'identità e la lingua Albanese.

Questi tizi "copia incolla" che hanno dimenticato la loro lingua e le loro radici e la loro storia cercano di collegare gli Arbëresh con la Grecia moderna per ingraziarsi dei fascistelli greci uniati pseudo ortodossi nascondendo il fatto che la Grecia moderna ha perseguitato i nostri fratelli Arvaniti e li ha costretti a dimenticare la loro lingua e indentità.

Il loro obiettivo é ancora volto all'assimilazione e alla distruzione della lingua Arbëresh. Attenti agli ignoranti lupi rapaci.

Per saperne di più leggi anche:
MOJ E BUKURA MORE ⬇️
https://giuseppecapparelli85.blogspot.com/2025/06/moj-e-bukura-more.html

A quei pseudo Arbëresh filogreci che, per la visita di oggi del presidente della repubblica d'Albania nei paesi Arbëresh, sui social scrivono queste stupide domande chiedendo "Che cosa c'entrano gli Arbëresh col presidente dell'Albania?", rispondo: "Perché chi dovrebbe venire a visitare i paesi Arbëresh? Il presidente della Grecia o quello della Serbia? Due nazioni che hanno perseguitato gli Albanesi e cancellato la loro lingua e che tutt'ora ancora cercano di assimilarli? Imparate la storia"

📷 Nella foto in basso: Soldati Albanesi-Arvaniti-Arbëresh Ortodossi in abito tradizionale militare albanese, a Meteora, nel moderno stato della Grecia, nel 1930.


DEREK 🔯🔥

lunedì 23 giugno 2025

MOJ E BUKURA MORE 🇦🇱

 

🌿 Noi Arbëresh cantiamo "Moj e bukura More" perché molti di noi provenivano dalla Morea... Sì, perché la Morea, l'odierno Peloponneso, era una regione Albanese abitata da Albanesi fin dall'antichità.

Per esempio storicamente, la città di Sparta, nel Peloponneso, fu fondata dai Dori nel X secolo a.C., un popolo albanese che proveniva dalla Dardania. E gli stessi Micenei, conquistati dai Dori, erano una popolazione albanese anch'essi discendenti della Dardania.

📜 "Gli albanesi vivono in quella che oggi è chiamata Grecia interna fino al Peloponneso fin dall'invasione dorica del XII secolo a.C. I reperti archeologici hanno stabilito affinità tra i teschi delle montagne albanesi settentrionali e quelli trovati a Creta nello stesso periodo. Il che suggerisce abbastanza che Sparta sia stata fondata dagli antenati degli albanesi. Soprattutto perché il fondatore di Sparta era Illo. Un nome che gli albanesi usano ancora oggi nella forma di Yll, che significa stella." (The Dorian Invasion reviewed in the light of some New Evidence, The Antiquaries Journal, Cambridge University Press, Pagina 220, 08 gennaio 2012)

Più recentemente il Sig. Liakopoulos, studiando i registri catastali ottomani, ha scoperto che all'inizio del loro dominio (ca. 1460-1463), il Peloponneso, che un tempo si chiamava Pelasgia dai suoi abitanti pelasgo-albanesi, pullulava di albanesi a tal punto che per lui non erano emigrati da poco ma risiedevano in quella regione dall'inizio dei tempi. Secondo il suo studio, nel Peloponneso gli albanesi avevano un rapporto di 4 a 1 rispetto ai "greci"; riferendosi a "greci" verso coloro che parlavano una lingua grecanica derivante in sé da un substrato albanese.

Inoltre 500 anni fa, a causa del dominio ottomano, nel regno di Napoli emigrarono solo Albanesi-Arbëresh provenienti da queste regioni, perché? Perché di "greci" non c'è n'erano e la Grecia come stato a quei tempi non esisteva affatto.

La maggioranza greca nel moderno stato greco e la minoranza greca in Albania meridionale è stata inventata a tavolino.

La stessa Atene non era altro che un villaggio Albanese: 

📰 Dall'Empire Newspaper (Sydney, Australia) 5 Maggio 1863 leggiamo:
"Atene era solo un villaggio albanese. Quasi tutta la popolazione dell'Attica è considerata ed è composta da albanesi. A tre leghe di distanza (14,5 Km) dalla capitale ci sono villaggi che capiscono a malapena il greco."

Quando Atene aveva una maggioranza albanese altamente visibile, com'è possibile che sulle montagne dell'Albania meridionale ci fosse una minoranza greca? Tutte stupidaggini...

Indubbiamente, la propaganda del moderno falso stato greco ellenista costruito dagli inglesi su una popolazione a maggioranza Albanese ha fatto danni incalcolabili e ora aimè ci sono dei tizi che ancora ci vogliono etichettare come "greci" o provenienti dalla "Grecia" per il solo scopo di assimilazione e falsificazione della storia per inventarsi un primato che non esiste.

Infatti c'è differenza tra etnia e nazione... Sì, molti dei nostri antenati provengono da quella regione dei Balcani che ora è falsamente chiamata Grecia da dopo il 1821, ma le nostre radici, il nostro sangue e la nostra madre lingua è Albanese-Arbëresh.

"Per dimostrare di essere greco o greco antico, devi prima dimostrare di essere un Arbanon, Arber", quindi di origini albanesi, come diceva un famoso studioso Arvanita amante delle sue radici.

Il moderno stato greco è un'invenzione europea moderna, esso fu istituto dopo la rivoluzione Arvanita del 1821 su una popolazione a stragrande maggioranza Albanese, i quali in seguito furono perseguitati e obbligati con la forza a dimenticare la loro identità, le loro radici e la loro madre lingua.

L'affermazione "controlla la lingua di un popolo e ne controllerai la mente" quì calza a pennello; è un'espressione che sottolinea l'importanza della lingua come strumento di potere e controllo culturale. Non si tratta di un controllo letterale della mente, ma di come la lingua possa influenzare il pensiero, la cultura e, di conseguenza, il comportamento di un gruppo di persone.

Ma persino se vogliamo vedere le cose a livello religioso i fatti sono ben diversi da come ce li raccontano; gli immigrati Albanesi-Arbëresh venuti nel regno di Napoli erano Cristiani Ortodossi facenti parte del Patriarcato di Costantinopoli che come insegnano gli storici:

📜 "L'impero bizantino era l'impero illirico e non quello dei greci nel Medioevo, come prevale l'opinione, perché nel Medioevo non esistevano greci ellenici." (Gustave Glotz. Storico francese)

L'Impero Romano Ortodosso d'Oriente sotto la dinastia Illiro-Macedone dell'antica dinastia Dardana Albanese conobbe una rinascita durante il regno degli imperatori Macedoni albanesi tra la fine del IX, X e l'inizio dell'XI secolo, quando ottenne il controllo del Mar Adriatico e dell'Italia meridionale. La dinastia macedone albanese fu caratterizzata da una rinascita culturale in ambiti come la filosofia e le arti, ed è stata soprannominata l'"Età dell'Oro" di Bisanzio. I primi Cristiani d'Europa furono infatti gli Albanesi convertiti dallo stesso San Paolo come egli stesso scrive negli Atti degli Apostoli, e lo stesso Imperatore Costantino il Grande fondatore di Costantinopoli era Albanese.

Ai moderni studiosi filogreci vorrei dire di guardare ai fatti e non alle seghe mentali degli uniatisti, perché lo scopo di questi è ancora volto alla distruzione e all'assimilazione dell'identità Arbëresh e alla cancellazione della loro lingua madre, proprio come ha fatto il moderno stato greco sui nostri fratelli Arvaniti.


📷 Nella foto: Splendida incisione del XIX secolo, colorata a mano, raffigurante l'acropoli di Micene nel Peloponneso; Uno studioso europeo a Micene è in compagnia dei suoi abitanti autoctoni Albanesi in abito tradizionale Albanese.

📷 Nella foto in basso: Micene, veduta della tomba di Agamennone con un Albanese in costume tradizionale Albanese, di Louis Boitte intorno al 1847.


ATTACCO TERRORISTICO AD UNA CHIESA ORTODOSSA DI DAMASCO, SIRIA.


Damasco, 22 giugno 2025

In questo giorno in cui la nostra Chiesa di Antiochia commemora tutti i Santi di Antiochia, la mano infida del male ha colpito questa sera, reclamando la nostra vita, insieme a quella dei nostri cari caduti oggi come martiri durante la Divina Liturgia serale presso la Chiesa del Profeta Elia a Dweilaa, Damasco.

Secondo le prime informazioni disponibili al momento, si è verificata un'esplosione all'ingresso della chiesa, che ha causato la morte di numerosi martiri e il ferimento di molti altri che si trovavano all'interno della chiesa o nelle sue immediate vicinanze.

Mentre stiamo attualmente contando i martiri e i feriti e raccogliendo i resti e i corpi dei nostri martiri, il cui numero esatto non siamo ancora stati in grado di determinare, il Patriarcato Ortodosso di Antiochia e di tutto l'Oriente condanna fermamente questo atto atroce e denuncia, con la massima fermezza, questo crimine orribile. Invita le autorità responsabili ad assumersi la piena responsabilità di quanto accaduto e continua ad accadere in termini di violazione della sacralità delle chiese e a garantire la protezione di tutti i cittadini.

Sua Beatitudine il Patriarca Giovanni X ha seguito personalmente gli sviluppi fin dal primo momento. Sta conducendo comunicazioni sia locali che regionali per trasmettere al mondo intero la triste realtà che si sta svolgendo a Damasco. Chiede un'azione urgente per porre fine a questi massacri.

Offriamo le nostre preghiere per il riposo delle anime dei martiri, per la guarigione dei feriti e per la consolazione dei nostri fedeli addolorati. Riaffermiamo il nostro incrollabile impegno nella fede e, attraverso questa fermezza, il nostro rifiuto di ogni paura e intimidazione. Imploriamo Cristo nostro Dio di guidare la nave della nostra salvezza attraverso le tempeste di questo mondo, Lui che è benedetto per sempre.

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mercoledì 18 giugno 2025

IL CODICE DI TAR DUSHANI TRUFFÒ GLI ALBANESI, li costrinse alla conversione e confiscò i loro beni.

 

Fonti storiche testimoniano le misure particolarmente dure che Stefan Dushan attuò a danno della popolazione albanese. "Gli Arbani sono gravemente oppressi dall'insopportabile e pesantissimo giogo degli odiati sovrani slavi... Il clero è umiliato e perseguitato, i nobili sono espropriati e imprigionati", scrive un rapporto del 1332 dell'arcivescovo francese di Tivat, Guglielmo di Ada.

A partire dal XIII secolo, i re serbi della dinastia Nemanja si adoperarono per spostare l'epicentro del loro stato da Rasha verso le ricche regioni albanesi del Kosovo e di Gand. Le città di quest'ultima, Scutari, Prizren, Pristina e Skopje, divennero in periodi diversi la sede della corte serba. Un altro importante centro del Kosovo, Peja, dalla metà del XIII secolo divenne il centro della chiesa autocefala serba. Lo spostamento dei centri di gravità dello Stato serbo verso sud fu accompagnato da altri fenomeni di natura sociale ed etnica, più visibili in Kosovo. Parte dell'aristocrazia albanese locale fu espropriata e sostituita dall'aristocrazia terriera serba, laica e soprattutto religiosa. A partire dalla seconda metà del XIII secolo, le chiese e i monasteri Ortodossi albanesi del Kosovo furono serbizzati e molti di essi furono costruiti, dotati di ingenti fondi fondiari.

Durante il regno di Stefano Dušan, intorno alla metà del XIII secolo, i monasteri Ortodossi albanesi, ora serbizzati, di Deçan, Greçanica, Banjska, Kryëngjëllit, il monastero Ortodosso di Hilandar sul Monte Athos e, accanto a essi, i vescovati di Peja, Prizren ecc., possedevano una parte considerevole dei villaggi del Kosovo e di altre regioni dell'Albania settentrionale.

Oltre alla colonizzazione, i re serbi, e in particolare lo zar Stefano Dušan, attuarono una politica volta ad assimilare le popolazioni albanesi delle regioni conquistate. Repressione e persecuzione in campo religioso furono scelte come le più efficaci a tal fine. Interi capitoli del codice di Stefano Dušan e ordini speciali dello zar serbo prevedevano misure severe, come la confisca dei beni, la marchiatura a fuoco, l'espulsione e persino la pena di morte per i cristiani cattolici e Ortodossi albanesi che si rifiutavano di convertirsi all'Ortodossia serba e non venivano ribattezzati con nomi slavi. Oltre ai documenti d'archivio, diversi testimoni dell'epoca, come il viaggiatore anonimo del 1308, l'arcivescovo francese di Tivat, Guglielmo d'Ada (1332), e il cardinale italiano Guido da Padova (1350), sottolineano con particolare enfasi questo aspetto della politica dei re serbi nei confronti delle popolazioni non slave conquistate, sancito dal diritto serbo medievale, il codice di Stefano Dušan (1349). Tali misure colpirono principalmente le popolazioni albanesi di fede cattolica e Ortodossa delle regioni settentrionali e nord-orientali, dove la pressione dello Stato serbo era più forte. Determinarono la diffusione del fenomeno della slavizzazione religioso-onomastica in alcuni strati della popolazione albanese.

Per questo motivo, tra il XIII secolo... XIII-XIV, oltre ai numerosi albanesi che portavano nomi come Gjin, Dede, Gjon, Progon, Llesh, in questi territori vi sono anche altri albanesi, descritti dalla documentazione stessa come tali, che portavano nomi slavi o che si erano adattati all'onomastica slava. Nomi come Pribislav, Radomir, Vladislav o i cognomi Vogliç, Kuqeviç, Flokovci, Gjinovci, ecc., dimostrano che in questo periodo (prima metà del XIV secolo) una parte della popolazione albanese dei territori settentrionali, sotto la violenta pressione degli invasori serbi, si trovava in una fase transitoria di assimilazione culturale e religiosa. In molti territori questo processo di assimilazione si interruppe nelle nuove condizioni che si crearono con la distruzione dello stato serbo e l'arrivo dei turchi ottomani (seconda metà del XIV secolo). Fu in questo periodo che si osservò un ritorno della popolazione alla caratteristica onomastica albanese, parallelamente al nuovo fenomeno dell'assunzione di nomi ottomani. Tuttavia, in alcuni dei territori in questione, soprattutto in specifiche aree di Gentë (Zeta), il processo di slavizzazione continuò anche dopo, portando gradualmente all'assimilazione culturale ed etnica di altre comunità albanesi.

(STORIA DEL POPOLO ALBANESE, V. 1, P. 238-242.)