mercoledì 23 ottobre 2024

I FENICI E CADMO RE DEGLI ILLIRI

 

I Fenici furono uno dei popoli più antichi della terra che dall'Etiopia si insediarono nella Palestina del nord, nella regione costiera del Mediterraneo orientale, in corrispondenza dell'odierno Libano. Da qui si diffusero praticamente ovunque. Furono soprattutto un popolo di navigatori e commercianti che utilizzava il mar Mediterraneo per esportare legname e altri oggetti da scambiare con altri popoli. Conoscevano e sapevano tracciare le rotte, ed erano in grado di navigare di notte, prendendo come punto di riferimento le costellazioni circumpolari. I Fenici furono i primi a circumnavigare l'intero continente Africano, cioè a navigarlo per tutto il suo perimetro, partendo dal Mar Rosso e rientrando nel Mediterraneo dalle Colonne d'Ercole.

"I Fenici chiamavano se stessi Etiopi." (Prof. Drousilla Houston)

"...essi (Frnici) infatti, arrivati dal Mare Eritreo (Mar Rosso) sulle coste del nostro mare, si stanziarono dove vivono ancora tuttora e subito intrapresero lunghi viaggi per mare; trasportando merci provenienti dall’Egitto e dall’Anatolia, giunsero in molte località..." (Erodoto)

"Questi Edomiti sparsero per tutto altrove le Arti loro e le Scienze, fra le quali erano la Navigazione, l'Astronomia e le Lettere... Questi Edomiti che fuggirono dalla Costa del Mediterraneo, traducendo la voce ERITREA in Fenicia, diedero questo nome a sé medesimi e a tutta la spiaggia di Palestina da Azoth fino a Zidon. Quindi venne la Tradizione dei Persiani e degli stessi Fenici menzionata da Erodoto, cioè che i Fenici originariamente fossero venuti dal Mar Rosso (Mare Eritreo); e immediatamente aver intrapresero lunghe navigazioni sul Mediterraneo." (Isaac Newton)

Uno dei più famosi Fenici del passato fu Cadmo (QDM) che introdusse l'alfabeto fenicio alle popolazioni Balcaniche. Cadmo fu il costruttore di Tebe in Boezia; Quando decise di edificare la città i suoi compagni stavano per attingere l'acqua d'una sorgente lì vicina e un drago che la custodiva li sterminò. Cadmo accorse e riuscì a uccidere il mostro. Egli costruì Tebe in Boezia come la Tebe di Kush nell'antica Etiopia. Insieme alla sua sposa Armonia divenne re dei LIRI, gli antichi albanesi e i più antichi abitanti dei Balcani, il cui nome in albanese significa "persone libere". Il Figlio di Cadmo fu ILIRI, "il libero".

Finiq è anche un comune albanese situato nella prefettura di Valona nei pressi dell'antica città di Fenice, uno dei più importanti siti archeologici dell'Albania.

📷 Nella foto: 
Cadmo che uccide il drago con indosso il Plis/Qelesh, il copricapo tradizionale albanese, che simboleggia l'uscita del primo uomo dall'uovo cosmico e quindi l'autoctonia e l'antichità dell'etnia albanese-arbëresh nei Balcani usata dai tempi antichi dai primi abitanti dei Balcani conservata nella tradizione albanese perché essi sono i discendenti del popolo pre-ellenico che nacque in Epiro di cui si narrano le gesta nella mitologia e il cui re fu un Etiope.

martedì 22 ottobre 2024

DOMINARE IL METEO NEL 2025

 

Prima c'era l'allerta firus inesistente che presto ritornerà 📺🐑🐑🐑.

Ora c'è l'allerta meteo artificiale con tempeste indotte✈ 📡🌧📺🐑🐑🐑, che ogni anno farà danni.

Da un'intervista al Generale Fabio Mini, grazie all'amico Rosario Marcianò:

“La guerra ambientale non è più solo una ipotesi: è già in atto. Ma guai a dirlo, si passa per pazzi”.

“Negare l’informazione è già un atto di guerra. Non c’è solo la disinformazione ma c’è una pratica militare che si chiama ‘denial of service’ ovvero si stabilisce che è necessario non solo negare la realtà o l’evidenza, ma negare l’informazione. E questo è già un vero e proprio atto di guerra. Determinate persone o paesi non devono venire a conoscenza delle informazioni e questo può causare catastrofi di proporzioni bibliche, come il devastante tsunami dell’Indonesia. L’informazione sul suo arrivo era disponibile, ma interruzioni nella trasmissione, a causa di anelli mal funzionanti o volutamente non funzionanti, ne ha impedito la comunicazione".

“La bomba climatica è la nuova arma di distruzione di massa a cui si sta lavorando in gran segreto per acquisire vantaggi inimmaginabili su scala planetaria. Alluvioni, terremoti, tsunami, siccità, cataclismi. Uno scenario che purtroppo non è più fantascienza”.

“La maggior parte delle persone ritiene inconcepibili certi scenari, in quanto non è al corrente delle progettazioni in materia di tecnologie militari e quindi delle conseguenti implicazioni".

Il Generale racconta che nel lontano 1946, lo scienziato neozelandese Thomas Leech, lavorò in Australia per conto dell’Università dell’Auckland, con fondi americani e inglesi, per provocare piccoli tsunami. Il “Progetto Seal” ebbe successo, spaventò lo scienziato che interruppe gli esperimenti, e che poi sicuramente sono stati ripresi e perfezionati.

“I militari hanno già la capacità di condizionare l’ambiente: tornado, uragani, terremoti e tsunami alterati o addirittura provocati dall’uomo sono una possibilità concreta”.

“Nell’ambito militare non esiste una moralità che possa impedire di oltrepassare un certo punto. Basti pensare allo sviluppo e le applicazioni degli ordigni atomici. Non esiste vincolo morale, ciò che si può fare si fa”.

Non è solo un problema di mancanza di moralità, ma secondo il Generale si va anche oltre: “La voglia di conseguire un vantaggio spinge ad usare le tecnologie senza fare test a sufficienza. Una possibilità viene messa in atto per verificarne il funzionamento, sperimentandone direttamente sul campo gli effetti”.

Con l’articolo su Limes, il Generale aveva già divulgato il progetto dell’Aereonautica Militare Statunitense del 1995. In “Weather as a Force Multiplier: Owning the Weather in 2025” si delineavano i piani non “di possedere il clima”, ma di controllare il meteo, lo spazio atmosferico e condurre operazioni belliche in sicurezza, dice sempre il Generale. “Per esempio, irrorando le nubi con ioduro di argento, altre sostanze chimiche o polimeri, per dissolverle o spostarle. Oggi siamo piuttosto vicini al traguardo del 2025”.

sabato 19 ottobre 2024

ESTRATTA DA UN CAMPO IN ALBANIA, UNA STATUETTA DI PIÙ DI 2500 ANNI.

 

Secoli di sporcizia sono stati rimossi per rivelare un eccezionale bronzo antico.

All'inizio era solo un luccichio verde e marrone nel terreno, evidenziato durante l'aratura di routine in una fattoria albanese situata accanto a un antico insediamento.

Poi, mentre gli archeologi ripulivano con cura il terreno, ne emerse gradualmente la forma: la figura di un cavaliere in groppa al suo cavallo, con un braccio teso come per brandire un'arma o una frusta.

Gli zoccoli del cavallo sono andati perduti e gran parte del corpo del cavaliere era ancora nascosto sotto strati di terra. Ma gli archeologi che hanno individuato questa statuetta sapevano che si trattava di qualcosa di eccezionale.

Le prime valutazioni basate sulle tecniche artistiche dell'opera, sul modo in cui è stata fusa, sul suo stile e sulla sua ubicazione sono state palesemente falsate, indicando falsamente il suo stile e la sua ubicazione in un'area in cui si erano insediati gli "antichi greci" e che l'oggetto era greco e risaliva a circa il 500 a.C.

Presumendo pure che "antichi greci" si fossero insediati in quell'area, rimane il fatto che i primi greci non avevano competenze nella lavorazione dei metalli, un'abilità escusiva delle tribù autoctone albanesi dei Macedoni, Epiroti ed Illiri, di quel territorio, derivante dal IX secolo a.C. tramite officine di lavorazione dei metalli sparse in giro.

Questa statua è stata trovata nella zona in cui vivevano Elimiote/Taulanti, tribù Arberoi e Kal-arberoi 🐴 albanesi che di quest'arte erano i maestri e non ha nulla a che fare con coloni greci.

Ma scavando ancor più nei dettagli storici, gli Illiri, i Macedoni e gli Epiroti, tre delle principali antiche popolazioni albanesi, erano noti per la loro inclinazione e le loro usanze come grandi allevatori di cavalli. Infatti, gli antichi albanesi erano famosi per cavalcare in sella mentre gli Ateniesi usavano i carri. Quindi se questa statua è stata trovata in Albania esattamente nel territorio della tribù degli Albanoi, perché dare credito ai greci che non abitavano questo territorio e non esistevano nemmeno come nazione e non cavalcavano in sella? Falsità storiche, questa è la risposta.

Alessandro Magno, che non era greco come falsamente ci insegnano a scuola, fu il primo a introdurre il combattimento a cavallo, una tecnica che apprese mentre viveva con sua madre Olimpia in Epiro, della tribù dei Molossi, un'antica tribù albanese. I cosiddetti Greci usavano i carri. 

Gli storici moderni filo elleni mettono la parola "greco" davanti ogni cosa, e voilà, per magia tutto diventa greco. Storicamente parlando, il problema con il modo tradizionale di parlare dei termini "greci" è usato liberamente senza alcun riguardo per le sfumature e i dettagli storici.

Qualche anno fa, durante un'intervista, un archeologo sudamericano ha insistito sul fatto che Butrinto in Albania fosse un sito greco, nonostante il giornalista gli abbia chiesto come può essere un sito greco quando è stata trovata la tomba di una donna con armi e ricchezze. Solo gli Illiri, i Macedoni, gli epiroti e i Celti, tutti di etnia albanese, permettevano alle donne di combattere, ereditare ricchezze ed essere sepolte in questo modo. Donne e uomini erano uguali in queste tribù. I cosiddetti greci trattavano le donne come schiave domestiche. Non le era permesso uscire di casa finché non diventavano madri e anche allora non venivano chiamate per nome ma piuttosto come "la madre del bambino". Le donne nell'ellenismo erano considerate portatrici di figli, niente di più.

Un consiglio da un laureato di Storia dell'Arte come me a chi esce dalle università è, che è importante non seguire ideologie umane o quella che è la storia standard che a pappagallo ci insegnano, ma studiare a fondo e valutare bene i dettagli storici e dare le giuste terminologie ai fatti e non fare di tutta l'erba un fascio per falsificare la storia a interessi personali.

La statuetta bronzea del cavaliere a cavallo è in mostra permanente al Museo Storico Nazionale di Tirana, Albania. 🇦🇱 

venerdì 11 ottobre 2024

GLI ALBANESI DIMENTICATI DELL'ISOLA DI SAMOS 🇦🇱

 

Samos è un'isola che oggi appartiene al moderno stato greco difronte alla Turchia e a sud di Izmir. Non è molto conosciuta, ma intorno agli inizi del XVII secolo vi si stabilirono alcuni Albanesi-Arbëresh (Arvaniti) Cristiani Ortodossi che fondarono un villaggio nella zona centrale e montuosa dell'isola, che in greco venne chiamato Arvanítes (Αρβανίτες), che è appunto "Arvaniti". Più tardi, gli abitanti del villaggio fondarono un altro villaggio nelle vicinanze che fu chiamato Káto Arvanítes (Κάτω Αρβανίτες)=''Arvaniti inferiore'', mentre il primo villaggio fu chiamato Áno Arvanítes (Άνω Αρβανίτες)=''Arvaniti superiore''. Nel 1958, con lo scopo di far dimenticare questa importante presenza Albanese-Arbëresh sull'isola, lo stato greco cambiò i nomi di entrambi i villaggi e Áno Arvanítes fu chiamato "Pándhroso" e l'altro villaggio Káto Arvanítes fuchiamato "Mesójio" e forzò gli abitanti a dimenticare la loro lingua madre.

  Tracce albanesi si possono trovare anche in altre parti dell'isola. Sul versante nord-occidentale di Samos, ad esempio, si trova il villaggio di Léka (Λέκκα), che secondo la tradizione locale prese il nome da Leka (diminutivo albanese di Alessandro), un arvanita emigrato dal Peloponneso e ivi stabilitosi per primo (quindi venne utilizzato anche per il nome Arvanitohóri (Αρβανιτοχώρι)=''il villaggio di Arvanitas''). A Néo Karlóvasi, un po' più lontano, c'è il "ruscello di Gjini" (Χείμαρρος του Γκίνη), Gjini è un nome albanese.

  Vale la pena ricordare che in entrambi i villaggi si produceva (forse anche oggi) un tipo di formaggio che, secondo lo storico Epaminondhas Stamatiadhis, si poteva trovare in Albania ma non altrove. Probabilmente si tratta del formaggio che a quel tempo in turco era conosciuto come "arnavud peynir" (=formaggio albanese) e che veniva prodotto a Konica come menzionato da Sami Frashëri nella sua opera "Kamus al-a'lam".

Fonti tradotte:

  1) "Descrizione dello stato attuale di Samos, Nicaria, Patmos e Monte Athos" di Joseph Georgirenes (1677), pagina 16:

  ''A tre miglia dal villaggio di Spatharéi [Σπαθαραίοι] e su una collina si trova il villaggio di Pírgos [Πύργος], che consiste di circa 100 case e due chiese. Qui viene prodotto il miele più delizioso. Sopra di esso sorge un piccolo villaggio, una colonia di “Arnauti” o “Albanesi”, così viene chiamata oggi questa nazione [cioè la nazione albanese] dai turchi e dai greci. Gli albanesi hanno stabilito molte colonie nell'Impero Ottomano poiché sono incoraggiati a farlo dallo stesso Sultano attraverso privilegi e immunità speciali. Riescono però a preservare la loro lingua (probabilmente l'antico illirico), che risulta incomprensibile alle nazioni vicine. Non è la figlia di una donna slava. Hanno la stessa religione dei greci."

  2) Lettera di un missionario della fine del XVII secolo (pubblicata e adattata nell'opera "Lettres édifiantes et curieuses concernant l'Asie, l'Afrique et l'Amérique" (1838)), pagina 131:

''L'antica città di Samos, l'antica capitale dell'isola, perse il suo nome e oggi si chiama Megáli Hóra [Μεγάλη Χώρα]. Si trova sulla costa orientale e vi è la sede del metropolita e risiede l'agai, che riscuote le tasse per conto del sultano. Marathókambos [Μαραθόκαμπος] si trova a nord mentre sul lato ovest si trovano Karlóvasi [Καρλόβασι], Neohóri [Νεοχώρι] e Vathí [Βαθύ]. Tutti quei villaggi sono costieri. Nell'interno dell'isola ci sono Plátanos [Πλάτανος], Kastaniá [Καστανιά], Arvanitohóri [Αρβανιτοχώρι, (l'originale recita Arvanito, Cori ma questo è apparentemente un errore e avrebbe dovuto essere Arvanitocori)] e Fúrni [Φούρνο ι=moderno Idhrúsa (Υδρούσσα )]. In montagna c'è una colonia di albanesi, che vi si sono stabiliti da più di un secolo. Non sono riuscito a scoprirne la causa. Si occupano di bestiame, più o meno come gli arabi.''

  3) "La vérité sur l'Albanie et les Albanais" [=La verità sull'Albania e sugli albanesi] di Pashko Vasa (Wassa Effendi) (1879), pagina 63:

  "Se tutti i Greci parlassero fin dall'inizio la lingua pelasgica, come è possibile allora che quelli che vennero prima e che erano veri Pelasgi e che riuscirono a sopravvivere nell'Idra e nelle altre isole dell'Arcipelago nonché sui monti dell'Attica? e in alcuni luoghi di Samo hanno conservato la lingua di prima, mentre altri abitanti degli stessi luoghi non ricordano nemmeno questa lingua?''

  4) ''Σαμιακα (τέταρτος τόμος)'' [= Storia di Samo, volume quattro] di Epaminondhas Stamatiadhis (1886), pagine 79-83:

  ''Il villaggio di Arvanítes. Dopo la morte di Gjergj Kastrioti (meglio conosciuto come Skënderbe), i suoi sostenitori albanesi, perseguitati dal sultano Bajazit e dai turchi e rischiando di convertirsi violentemente, si stabilirono a Himare, Sul, Parga e nel Peloponneso. Ma poiché anche lì i turchi non li lasciarono a loro agio, se ne andarono e si stabilirono sui monti di Jeránia [Γεράνεια] e nelle isole di Idhra, Speces, Poros, Salamina, Psara e fino a Cipro. A quel tempo, cioè circa 250 anni fa, come risulta da antichi documenti, due fratelli taglialegna, secondo la tradizione locale, albanesi, si riunirono con i loro parenti a Samo e si stabilirono sull'alta vetta meridionale del monte Ámbelos [Άμπελος] , dove oggi si trova il villaggio di Áno Arvanítes, che si trova a 400 metri sul livello del mare e a più di un'ora di distanza dal villaggio di Mavraxéi [Μαυρατζαίοι]. Vivevano isolati dagli altri. La loro religione era Ortodossa, ma la loro lingua, che nessuno degli isolani capiva, era l'illirico [cioè l'albanese]. Dopo alcuni anni una parte degli abitanti del villaggio si stabilì un po' più in basso, a un quarto d'ora dal villaggio, e fondò il villaggio che da allora si chiama Káto Arvanítes. [...] Il villaggio di Áno Arvanítes è composto da 107 case e una chiesa parrocchiale, mentre Káto Arvanítes anche da 57 case e una chiesa parrocchiale. In totale entrambi i villaggi contano 683 abitanti, che conservano ancora tracce delle loro origini straniere nella loro parlata. [...] Gli abitanti producono vino, miele buonissimo, una specie di formaggio che, come sappiamo da tempo, si trova solo in Albania, catrame e bitume. Si occupano anche di zootecnia.''

  5) ''Σαμιακα (τέταρτος τόμος)'' [= Storia di Samo, volume quattro] di Epaminondhas Stamatiadhis (1886), pagina 25:

  "Il villaggio di Leka. Il primo abitante, secondo la tradizione, fu un albanese [arvanitas] del Peloponneso, che si chiamava Lekas ​​[Lekë]. Insieme ad altri si trasferì nell'isola di Samo per sfuggire alle persecuzioni dei turchi e abitò nel villaggio che da allora prese il suo nome.

  📷 FOTO: mappa dell'isola di Samos che mostra l'ubicazione di entrambi i villaggi albanesi e del villaggio di Léka.

domenica 6 ottobre 2024

SAN BASILIO CRATERETE ☦

 

La presenza del Cristianesimo Ortodosso nel Sud Italia risale fin all'epoca apostolica ed è andato soggetto a quelle stesse evoluzioni che lo avevano accompagnato in Oriente.

Una delle più antiche zone monastiche in Calabria era quella di Castrovillari che non era altro che un estensione orientale dell'Eparchia Monastica del Mercurion.

È importante tener presente che il territorio di Castrovillari era un passaggio obbligatorio per quei monaci che, dal Mercurion, dovevano recarsi a Rossano, centro Cristiano Ortodosso importantissimo, sia per rifornirsi del materiale occorrente allo studio o ad uso liturgico, sia per comunicare con le autorità imperiali di Costantinopoli.

Tra i monasteri Ortodossi più importanti del territorio di Castrovillari vi era quello dedicato a San Basilio Craterete, di cui non si sa nulla della sua vita, fondato forse nel secolo X, tra Castrovillari e l'attuale paese Arbëresh di San Basile; era un monastero che ha avuto un po' di storia ed è durato fino al principio del secolo XVI.

L'appellativo di Craterete deriva dal greco KRATEROS (il forte, il potente), e per suoi nessi vari, potrebbe nel suo nucleo primitivo riferirsi a una fondazione di San Fantino di Cerchiara. 

Il monastero Ortodosso di San Basilio, in seguito fu abbandonato dai monaci Ortodossi a causa dell'occupazione cattolica e la persecuzione da parte di questi contro la chiesa Ortodossa, successivamente veniva annessa alla mensa vescovile cattolica della diocesi di Cassano da parte di Papa Giulio II sotto il napoletano Mario Antonio Tomacelli vescovo cattolico di Cassano.

Il territorio attorno al monastero abbandonato di San Basilio rappresentava solo un feudo rustico e non abitato, ma con l'arrivo degli immigrati Albanesi Ortodossi fuggiti dalle loro terre d'origine a causa delle invasioni turche dopo la morte dell'eroe albanese Skanderbeg, il vescovo cattolico Tomacelli di Cassano concesse agli Albanesi stanziati intorno al monastero una serie di Capitoli allo scopo di popolare quel territorio con manodopera fissa e migliorare la coltivazione delle terre abbaziali.

Così nacque il paese Arbëresh di San Basile 🇦🇱 che prese il nome dall'ex monastero Ortodosso di San Basilio Craterete.

Immediatamente dopo la costruzione del casale di San Basile, da parte dei profughi Albanesi, attorno alla fine del XV secolo, la chiesa dell'ex monastero prese il titolo di Santa Maria dell'Odigitria a causa di uno scambio avvenuto nei secoli circa il tipo di Immagine dipinta sul fondo della chiesa rappresentante il busto di Maria vestita di azzurro sotto il manto rosso e con la testa coronata e da cui scende, fin sulle spalle, un velo verdolino campeggiante su una grande aureola giallo-oro.

Con lo stanziamento degli Albanesi Ortodossi nel territorio il monastero ritornò ad essere Ortodosso ma a causa delle pressioni e persecuzioni della chiesa cattolica ben presto gli Albanesi vennero forzati a diventare cattolici.

Dopo più di un millennio circa, da quando veniva fondato da San Fantino o da qualche suo seguace, e, dopo più di quattro secoli dal momento in cui veniva abbandonato dai monaci Ortodossi, il cenobio di San Basilio è stato rifatto dalle fondamenta il 19 aprile 1932.

📷 Nella foto l'unica Icona esistente di San Basilio Craterete dipinta dal Sacerdote Greco Ortodosso Padre Basilio, commissionata dal Sacerdote Ortodosso Arbëresh Padre Giovanni Capparelli residente in San Basile.

venerdì 4 ottobre 2024

LO IEROMARTIRE ELEFTERIO DI VALONA E ANTIA SUA MADRE 👑☦🇦🇱

 

🌿 Il glorioso martire di Cristo, Elefterio, il cui nome è sinonimo di libertà, nacque a Roma nel II secolo. Suo padre morì quando Elefterio era giovane, ed egli fu allevato nel timore di Dio e nell'amore delle sante virtù dalla pia madre, Anthia, o Evanthia, che aveva ricevuto la santa fede dall'apostolo Paolo. Aniceto, vescovo di Roma (155-166 d.c. quando la chiesa di Roma era ancora Ortodossa), si occupò dell'educazione del giovane, le cui qualità erano così evidenti che fu ordinato diacono all'età di 15 anni, sacerdote all'età di 17, e all'età di 20 anni è stato consegnato al vescovo dal Papa Ortodosso di Roma, come vescovo dell'ampia sede dell'Illiria nei Balcani occidentali. Nonostante la sua giovane età, era riuscito, attraverso la fede in Dio e lo zelo, a maturare «secondo l'età della pienezza di Cristo» (Ef 4,13).

La grande fama del santo ed i miracoli che accompagnarono la sua predicazione furono fatti conoscere all'imperatore, il quale si allarmò per il crescente potere della Chiesa. Mandò Felix, uno dei suoi primi ufficiali, ad arrestare il santo vescovo, ma quando vide il giovane pastore raggiante in mezzo al suo gregge a Valona, ​​il severo soldato rimase scioccato dalla dolcezza del suo insegnamento. Abbandonò le vanità del mondo e credette in Cristo, nonché nelle promesse della vita eterna e fu battezzato. Addirittura, avendo un ardente desiderio di spargere il proprio sangue, apparve davanti all'imperatore insieme al santo.

Seduzioni e minacce non fecero alcuna impressione su Elefterio. Confessò Cristo come il vero Dio e assicurò al tiranno che per coloro che hanno preso su di sé la croce, la tortura è un gioco da bambini e che morire per Cristo è una grande felicità. Lo adagiarono su un letto di ferro rovente, poi gli tirarono le membra e lo cosparsero di olio bollente e altre sostanze brucianti. Ma non ne subì alcun danno, perché la Grazia lo protesse da tutte le torture del maligno. Rimproverò severamente il tiranno, chiamandolo lupo d'Arabia (Abac. 1:8), perché perseguitava il gregge di Cristo. Su consiglio di Koremon, il brutale prefetto della città, costruirono una fornace piena di punte aguzze, nella quale gettarono l'atleta di Cristo. Ma in quel momento Elefterio pregò con fervore per la conversione dei suoi nemici, e improvvisamente Koremon fu illuminato dallo Spirito Santo. Sentì una profonda simpatia per la causa del santo e affermò coraggiosamente il Salvatore. Poi entrò lui stesso nel forno che aveva preparato per il santo. Ma la Grazia lo mantenne incontaminato insieme al santo e venne battezzato da Elefterio. Per questo motivo gli tagliarono anche la testa.

Poiché Elefterio non subì nulla dalla tortura del fuoco, fu rinchiuso in una prigione buia, dove una colomba veniva regolarmente a portargli del cibo. Successivamente lo portarono fuori e lo legarono ai cavalli selvaggi, frustandoli affinché galoppassero e uccidessero il santo. Ma un angelo di Dio venne e liberò il santo, che si stabilì sulle alture di una montagna vicina. Lì visse in pace per qualche tempo in compagnia degli animali selvatici, che restavano immobili mentre pregava e lodava Dio, il Creatore dell'Universo.

Fu scoperto da alcuni cacciatori e nuovamente arrestato. Nel suo viaggio verso Roma convertì i soldati e portò alla conoscenza della Verità molti pagani prima di comparire davanti al tribunale del tiranno. Fu punito essendo gettato in pasto ai leoni nell'arena in un giorno di festa, ma quando gli animali uscirono dalle gabbie, vennero da lui e iniziarono a giocare come gattini gentili. Alla fine la testa del santo fu tagliata; così vinse la corona della vita eterna. Non appena la spada gli toccò la testa, sua madre, Antia, corse a stringere il corpo di suo figlio, lodandolo per aver combattuto così coraggiosamente per Dio. Allora i carnefici la attaccarono con le spade e mescolarono il suo sangue con quello di suo figlio Elefterio.

Le donne incinte hanno l'abitudine di pregare il santo affinché abbiano un parto buono e sano. ❤

mercoledì 2 ottobre 2024

SONO GIUNTE LE NOZZE 🔯🌿👑

 

🌿 Riconoscendo che non si erano mai incontrati dopo il Concilio di Efeso, e che non avevano preso una decisione congiunta da quando avevano adottato la loro posizione comune contro il Concilio di Calcedonia (l'ideologia greco-romana che sostiene che Cristo ha due nature), Sua Maestà Imperiale il Re dei Re Haile Slassie ha convocato una Conferenza delle cinque Chiese Ortodosse Orientali ad Addis Abeba nel 1965, ponendo fine al loro reciproco isolamento. Le cinque Chiese hanno discusso per 7 giorni questioni di interesse comune, hanno preso decisioni storiche e hanno concordato di lavorare in maggiore concertazione in futuro. In segno di gratitudine, i patriarchi delle cinque Chiese Orientali hanno concesso al Leone di Giuda il titolo di “Difensore della Fede Ortodossa” e Lo hanno riconosciuto come loro unico Re e Capo dell'intera Chiesa Ortodossa Orientale.

 👑🦁Alcune citazioni di Sua Maestà il Re dei Re:

 "Come testimonia la storia della Chiesa, i Padri della Chiesa, dal periodo apostolico fino al 3° Concilio (IV secolo), tennero concili per formulare le dottrine della Chiesa e per redigere norme per l'amministrazione della Chiesa". (p.635)

 "I nostri antenati si incontrarono prima a Nicea, poi a Costantinopoli e infine a Efeso." (Conferenza di Addis, 1965)

 "Che Dio, che ha aiutato i 318 padri del Concilio di Nicea, ci illumini e ci aiuti tutti." (Discorsi selezionati p.639)

 "Siamo particolarmente lieti di notare che il lavoro di questa conferenza si è occupato di questioni puramente religiose e spirituali, libere da considerazioni politiche estranee". (Discorsi selezionati p.640)

📜 Apocalisse 19:

《Dopo ciò, udii come una voce potente di una folla immensa nel cielo che diceva:
"Alleluia!
Salvezza, gloria e potenza
sono del nostro Dio;
perché veri e giusti sono i suoi giudizi,
egli ha condannato la grande meretrice
che corrompeva la terra con la sua prostituzione,
vendicando su di lei
il sangue dei suoi servi!".

E per la seconda volta dissero:

"Alleluia!
Il suo fumo sale nei secoli dei secoli!".

Allora i ventiquattro vegliardi e i quattro esseri viventi si prostrarono e adorarono Dio, seduto sul trono, dicendo:

"Amen, alleluia".

Partì dal trono una voce che diceva:

"Lodate il nostro Dio,
voi tutti, suoi servi,
voi che lo temete,
piccoli e grandi!".

Udii poi come una voce di una immensa folla simile a fragore di grandi acque e a rombo di tuoni possenti, che gridavano:

"Alleluia.
Ha preso possesso del suo regno il Signore,
il nostro Dio, l'Onnipotente.
Rallegriamoci ed esultiamo,
rendiamo a lui gloria,
perché son giunte le nozze dell'Agnello;
la sua sposa è pronta,
le hanno dato una veste
di lino puro splendente".

La veste di lino sono le opere giuste dei santi.

Allora l'angelo mi disse: "Scrivi: Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell'Agnello!".》

Benedetto sia il Re dei Re 🌿👑🦁🌿

 📷 Foto: Conferenza delle Chiese ortodosse orientali ad Addis Abeba; 15/01-21/1965.

martedì 1 ottobre 2024

LA BATTAGLIA DI GAUGAMELA ⚔👑

 

🌿 In questo giorno del 331 a.C. si combatté la grande battaglia di Gaugamela tra il regno Macedone sotto Alessandro e il regno Persiano sotto Dario. 

La lotta fu combattuta principalmente tra Albanesi (Dardani, Illiri, Autariati, Peoni, Macedoni, Epiroti e Traci) e forze asiatiche mentre le truppe Ateniesi (greche) sottomesse ad Alessandro, giocarono una minima parte nell'azione.

A Gaugamela un'aquila 🦅 volò sopra Alessandro mentre gli eserciti si preparavano alla battaglia e la scena fu interpretata come un buon auspicio dal veggente Aristandro, poiché l'aquila 🦅 era l'uccello nazionale dei Macedoni e degli Epiroti, ed è ancora l'emblema nazionale dei loro discendenti, gli Albanesi 🇦🇱, non a caso chiamati Shqipe, cioè figli dell'aquila di Zeus.

La battaglia fu decisa sull'ala destra dove Dario aveva schierato la sua migliore cavalleria asiatica, 8.000 afghani sotto il loro satrapo Beso, supportati da 3.000 arcieri turchi a cavallo, Sciti che erano considerati i migliori cavalieri del mondo. Fu loro ordinato di cavalcare attorno al fianco destro macedone e di sparare alle truppe di retroguardia per gettare la loro linea in confusione. Ma Alessandro contrastò posizionando la sua migliore cavalleria Illirica e Autariata nella retroguardia per affrontare la minaccia Scita. La cavalleria Dardana e Peona era posizionata all'estrema destra per affrontare Besso e la sua cavalleria Afghana mentre Alessandro guidava la sua cavalleria Macedone verso il centro dove Dario era circondato dalle sue guardie del corpo e da un'unità d'élite chiamata gli Immortali. 

Sull'ala sinistra Parmenio con la cavalleria e la fanteria illiriche era supportato da alleati greci e traci, ma al vecchio generale fu ordinato di rimanere sulla difensiva mentre Alessandro sferrò il colpo decisivo a destra e al centro. 

La cavalleria Albanese attaccò in squadroni di guerrieri tribali imparentati. Portavano grandi scudi a cavallo, le uniche truppe al mondo a farlo, quindi gli arcieri Sciti furono resi inutili. La cavalleria afghana era pesantemente armata ma usava lance più corte, quindi la loro superiorità numerica fu compensata da armi inferiori. 

Gli Albanesi erano guidati dai Dardani come nella guerra di Troia. Poi i Peoni li seguirono guidati da Aristone, che ricorda l'Asteropaio di Omero. La lotta fu anche omerica con i leader albanesi che affrontarono i comandanti asiatici in un duello. 

Gli Sciti resistettero finché gli Illiri dalla retroguardia non entrarono nella mischia e il loro generale Areti uccise il capo scita in duello. Poi gli Sciti ruppero e fuggirono seguiti dalla cavalleria Afghana sotto Besso. 

Dario vide la sua cavalleria migliore sulla sinistra in piena fuga, e Alessandro completamente visibile che lo inseguiva alla testa della cavalleria macedone. Dario andò nel panico e scappò via dal campo di battaglia in una fuga precipitosa, seguita da una disfatta totale dell'esercito Persiano. 

L'impero Pelasgico che crollò nel 1150 a.C. fu ora ristabilito, Europa e Asia unite sotto un unico sovrano, Alessandro Magno Re del Mondo.

📜 Dalla Bibbia leggiamo la profezia di Daniele su Alessandro Magno:
"Guardai, ed  un capro da ovest percorreva la superficie della terra senza toccare il suolo. Il capro aveva fra gli occhi un corno notevole.  Si avvicinava al montone con due corna che avevo visto stare davanti al corso d’acqua; correva verso di lui con tutta la sua furia. Lo vidi scagliarsi contro il montone, pieno di rabbia verso di lui. Assalì il montone e gli ruppe le due corna, e il montone non ebbe la forza di resistergli. Allora il capro lo gettò a terra e lo calpestò, e non c’era nessuno che potesse liberare il montone dal suo potere. Il capro si esaltò moltissimo, ma appena fu diventato potente, il grande corno si ruppe; al suo posto spuntarono quattro corna notevoli, verso i quattro venti dei cieli." (Daniele 8:5-8)

CYNANE 👁️

 

Gli antichi popoli di etnia albanese-Arbëresh tra cui la società Illirica, quella Macedone e quella Epirota non erano società patriarcali, infatti le donne avevano pari diritti con gli uomini, a differenza di quelle greco-romane. Da vari documenti risulta chiaro che lo status della donna in questi popoli era ben diversa da quello della donna greca, la quale anche quella d'élite trascorreva la vita in ambienti chiusi e doveva sottomettersi per tutta la vita all'indiscussa autorità dell'uomo e occuparsi esclusivamente delle questioni domestiche. Al contrario tra i popoli illiri, macedoni ed epiroti la situazione era molto diversa. Una nobildonna o un membro femminile di una famiglia reale svolgeva un ruolo religioso, sociale e, in alcune circostanze, politico molto più importante.

Tra gli antichi personaggi femminili di questi antichi popoli albanesi-Arbëresh vi era Cynane, nata intorno al 357 a.C., era la sorella di Alessandro Magno, fu una figura notevole nella storia antica, nota per la sua abilità marziale e per il suo acume strategico.

Fu figlia di Filippo II di Macedonia e della principessa Audata di Illiria, fu cresciuta secondo le tradizioni guerriere del popolo di sua madre. Fin da piccola, Cynane fu addestrata al combattimento, alla caccia e alle tattiche militari, abilità che tra gli altri popoli erano solitamente riservate agli uomini. La sua reputazione di formidabile guerriera si consolidò quando accompagnò l'esercito macedone nelle campagne e guidò persino le truppe in battaglia. Uno dei suoi successi più notevoli fu la sconfitta della regina illirica Caeria in un combattimento corpo a corpo, dimostrando il suo eccezionale coraggio e le sue abilità di combattimento. 

L'importanza di Cynane si estende oltre le sue imprese sul campo di battaglia. Dopo la morte del suo fratello, Alessandro Magno, svolse un ruolo cruciale nel turbolento periodo di successione. Cynane cercò di assicurare una posizione di potere a sua figlia, Adea, organizzando il suo matrimonio con Filippo III, il successore di Alessandro. Questa mossa non fu solo una testimonianza del suo acume politico, ma anche della sua dedizione all'eredità della sua famiglia. Sfortunatamente, le sue ambizioni la portarono al suo assassinio nel 323 a.C., ma la sua eredità sopravvisse attraverso sua figlia, che divenne nota come Euridice II. La vita e le azioni di Cynane esemplificano la forza e l'influenza delle donne nelle antiche società macedoni e illiriche.

L'etimologia del suo nome naturalmente va ritrovato nella lingua albanese:  

Cynane si legge Synane = Sy (occhio) + nane (madre/nel dialetto ghego dell'Albania) quindi...

Cynane = Occhi di Madre o Occhio della Madre 👁️

domenica 29 settembre 2024

MATRËNGA 🗡🔯🇦🇱

 


🌿 I Matranga, Mataranga o Matrangolo (in albanese Matrënga) furono una nobile famiglia albanese Cristiana Ortodossa 🇦🇱 del XIII e XV secolo.

I membri di questa famiglia erano imparentati con i Muzaka della tribù albanese dei Molossi discendenti di Alessandro Magno, includono governanti locali, funzionari Cristiani Ortodossi e scrittori. Dopo l'occupazione dell'Albania da parte dell'Impero ottomano, buona parte della famiglia emigrò nel regno della Corona d'Aragona in Italia (Napoli e Sicilia) e in Grecia. I loro discendenti [tra questi vi è la mia famiglia dalla mia umile nonna paterna] vivono ancora oggi nei villaggi, paesi e cittadine di lingua albanese d'Italia (Arbërisht) di tutto il sud, dove continuarono a mantenere la lingua e la cultura degli antichi avi.

Numerosi luoghi della Grecia sono chiamati Matranga, centri di insediamento degli Arvaniti-Arbëresh, albanesi discendenti dei Matranga.

Stemma della famiglia Matranga: di verde o azzurro, al braccio armato movente dal fianco sinistro dello scudo impugnante una spada d’argento alta in sbarra, accompagnata nel canton destro del capo da una Stella a sei punte o una luna crescente dello stesso. La Stella a sei punte 🔯 rappresenta la Stella di Salomone e la loro discendenza ancestrale. La spada 🗡 simboleggia l'origine e la volontà guerriera della casata Matrënga, simbolo della funzione ordinatrice della coscienza, inoltre simboleggia la resistenza e l'impegno della casata Arbëresh dei Matrënga contro i turchi-ottomani, rappresentati dalla mezzaluna musulmana, eroicamente respinti dagli albanesi nel XV secolo.