lunedì 8 gennaio 2024

KOSTANDIN E ATHANAS ZOGRAFI 🎨 [attività 1736-1783]

 

I fratelli Kostandin Zografi e Athanas Zografi 🎨 furono pittori albanesi del XVIII secolo originari di Dardhë 🍐, nel distretto di Korçë, nel sud dell'Albania 🇦🇱. Sono considerati i pittori più importanti dell'arte iconografica post-bizantina albanese del XVIII secolo e in generale della regione dell'Epiro. Insieme a David Selenicasi, Kostandin Shpataraku, Terpo Zografi, Efthim Zografi, Gjon Çetiri, Naum Çetiri, Gjergj Çetiri, Nikolla Çetiri e Ndin Çetiri rappresentano la Scuola di pittura di Korçë.

I fratelli Zografi 🎨 hanno decorato con i loro dipinti diverse chiese e monasteri Ortodossi in tutta l'Albania moderna centrale e meridionale, così come sul Monte Athos (Grecia). In particolare, i loro dipinti e affreschi a Moscopole, soprattutto nella chiesa di Sant'Atanasio (in albanese: Kisha e Shën Thanasit) e nel monastero dei Santi Cosma e Damiano a Vithkuq sono di valore unico. Erano attivi nel periodo 1736-1783 e solitamente firmavano le loro opere in greco "Per mano di Konstantinos e Athanasios di Korytsa (Korçë)" (greco: Δια χειρός Κωνσταντίνου και Αθανασίου απ ό Κορυτσά). Hanno firmato le loro opere non solo usando il loro nome, ma anche la parola Shqiptar 🇦🇱 (italiano: albanese), che è l'endonimo che gli albanesi usano per se stessi. Il loro cognome, Zografi, significa "pittore" 🎨 in greco.

L'opera dei fratelli Zografi presenta una spiccata tendenza al barocco, con raffigurazioni lineari delle figure religiose, e allo stesso tempo adottando uno stile ornamentale utilizzando un'ampia varietà di colori bruni e vivaci. I colori principali utilizzati nelle loro opere erano il bianco, il blu brillante e il rosso scuro.

I fratelli Zografi insieme a David Selenicasi continuarono la tradizione dell'arte paleologa che fu ripresa sul Monte Athos nel XVIII secolo.

martedì 2 gennaio 2024

LA TESTIMONIANZA DELLO STORICO TEDESCO FALLMERAJER: "Ad Atene esisteva una corte Avanita."


 Innumerevoli pellegrini occidentali che visitarono Atene nel diciannovesimo secolo notarono una realtà che non avevano mai visto nei loro fandom filoellenici.

Il fascino romantico che si nascondeva dietro le visioni del passato era fortemente turbato dall'esperienza vissuta dai viaggiatori non appena arrivavano ad Atene: a parte le rovine dell'acropoli e le greggi di pecore che pascolavano pacificamente, tutto somigliava a un villaggio Albanese.

Basti pensare alla parte antica della città di Atene.... essa si chiama Plaka, che in albanese significa La Vecchia, L'Antica; ed è la parte più antica di Atene il luogo dove vivevano e vivono tuttora gli antichi Ateniesi prima dell'ellenizzazione, un quartiere interamente abitato fin dall'antichità da Albanesi. Se andate lì vedrete che parlano Albanese ed erano lì prima degli Elleni, quindi gli Albanesi erano gli antichi Ateniesi. Gli Elleni sono solo una tribù divisa dagli auTokToni che già erano lì, cioè gli Arvaniti di oggi. La stessa cosa vale per gli albanesi di oggi, perché gli Epiroti albanesi esistevano prima degli Elleni. La nazionalità odierna è diversa dall'etnia originaria.

Questa è l’ampia testimonianza dello storico tedesco Jakob Philipp Fallmerayer (1790-1861). Carriera accademica sviluppata negli ambienti scolastici bavaresi, si affermerà in Europa per la sua conoscenza enciclopedica della storia della Grecia medievale.

La sua opera monumentale "Storia della Morea nel Medioevo", pubblicata a Stoccarda pochi anni dopo la creazione del moderno stato Grecia, suscitò indignazione in tutti gli ambienti filoellenici d'Europa.

La rivoluzione "greca" in realtà fu una rivoluzione Albanese e in seguito i "Greci" hanno perseguitato la lingua Arvanitika cioè Albanese e ancora oggi non ė riconosciuta come minoranza linguistica (che prima era la maggioranza) come accade in Italia con gli Arbëresh, ma sempre più ogni anno viene cancellata dal ricordo.

Al centro del pensiero di Fallmerayer c'era l'idea che i greci del suo tempo non erano altro che discendenti di Albanesi ellenizzati. In altre parole, secondo lui, non esisteva alcuna continuità genetica tra la vecchia e la nuova Grecia.

L'opera dello storico tirolese contiene storie interessanti sull'insediamento dei primi gruppi albanesi nella Grecia bizantina, le sue conseguenze e altri aspetti interessanti.

Atene, ai tempi di Fallmerajer, era tutta Albanese.

"Oggi Atene, la capitale del nuovo regno, è più albanese di quanto lo fosse durante la rivolta, perché dopo la cacciata degli odiati ottomani, la popolazione albanese abbandonò i villaggi e si stabilì nelle città.

Lì si è dovuto istituire un tribunale speciale in lingua Albanese per amministrare la giustizia nei confronti dei cittadini non greci di Atene", scrive Fallmerayer.

DEREK 🔯🔥
https://t.me/DerekRasTafarI

sabato 30 dicembre 2023

VISITA ALLE RELIQUIE DI SANTA DOMENICA KIRIAKÌ


 A mia Nonna Domenica, in Arbëresh Nonòna Diluça, matriarca Arbëresh dell'umile famiglia Iannino da Janina, Epiro.🔯🌙🇦🇱

Il nome Domenica che significa "del Signore", è la forma latina del greco Ciriaca (Κυριακή) che può essere tradotto come "[donna] del Signore", "soggetta al Signore" o "consacrata al Signore". In Arbëresh Diluça ha lo stesso identico significato e letteralmente tradotta come Donna del Sole.

Secondo la Passio greca, Santa Domenica nata nel 287, era figlia di Doroteo ed Eusebia (o Arsenia) e fu educata al Cristianesimo Ortodosso fin dall’infanzia. Visse in un ambiente profondamente Cristiano, dove la vita quotidiana stessa era pregna della Fede professata.

"O Sposa di Cristo, Santa Domenica, Iddio volendoti chiamare alla santità, ti ha fatto nascere figlia di Doroteo e di Arsenia, genitori Cristiani, i quali ti diedero il nome di Domenica, come del Salvatore."

Nel corso della persecuzione di Diocleziano, imperatore romano illirico, all’età di sedici anni fu arrestata con i genitori e condotta a Nicomedia. I genitori, forse per la posizione di rilievo che occupavano nella comunità locale, vennero graziati, grazie all'interessamento dello stesso imperatore, e mandati in esilio ai confini dell'Eufrate, mentre Domenica fu sottoposta a numerose pressioni per indurla a rinnegare la sua Fede Cristiana.

"O Sposa di Cristo, Santa Domenica, lo Spirito Santo ti accese di tale amore per i beni celesti, che non curasti quelli del mondo; e perciò tutta unita con lo spirito a Lui, sopportasti con fortezza la separazione dai genitori mandati in esilio per la fede."

La santa fu torturata, ma la sua resistenza fece convertire coloro i quali erano accorsi a partecipare al macabro spettacolo. 

"O Sposa di Cristo, Santa Domenica, Iddio ti donò tali lumi per la Vera Fede e ti animò di tale fortezza, che sapesti testimoniarlo davanti ai tribunali degli imperatori e dei presidi senza curare né le loro minacce né le loro offerte."

Venne dunque messa al rogo, ma le fiamme non lambirono il suo corpo.

"O Sposa di Cristo, Santa Domenica, Iddio ti volle glorificare anche tra i tormenti, perché il fuoco non bruciò neppure un tuo capello."

Visti gli inutili tentativi di ripudiare la religione, fu condotta a Nola in Campania, dove fu processata e condannata a morte "ad leones".

Venne allora data in pasto ai leoni, ma anche questo tentativo fu vano, dato che i leoni si ammansirono di fronte a lei.

"Nel tuo agone mortale, o Domenica celeberrima, hai trasceso le forze della natura; tra i leoni rendesti lode al tuo Cristo e superasti la fierezza delle belve. Agnella condotta al macello per amore dell’Agnello Divino, al bellissimo tuo Sposo conservasti il candore dell’anima tua."

Dopo una lunga tortura, venne alfine condannata alla decapitazione.

Le sue spoglie furono sepolte inizialmente a Vizzini (CT) dove fiorì il culto della giovane martire nell'allora Sud Italia Ortodosso. Dopo la forzata e crudele cattolicizzazione del Meridione, nel 1893 le reliquie furono traslate dai cattolici nella cattedrale di Tropea.

Santa Domenica è anche Santa Patrona di Camaldoli (SA), Caraffa di Catanzaro (CZ), Mandanici (ME), Protonotaro (ME), Santa Domenica di Ricadi (VV), Scorrano (LE), Torre di Ruggiero (CZ) e Tremestieri (ME).

"O Sposa di Cristo, Santa Domenica, Iddio, come sua martire, volle che oltre l’eterna corona ottenuta in cielo, avesti gli onori dovuti in terra. Concedici assistenza in tutte le avversità di questa terra, per stare sempre uniti nella Vera Fede Ortodossa." Amìn!

venerdì 29 dicembre 2023

I PROFUGHI DI PARGA 👑🦁🔯🇦🇱🦅🌙🐂

 

"I profughi di Parga", anche noto come "Gli abitanti di Parga che abbandonano la loro patria", è un quadro del pittore italiano Francesco Hayez, realizzato con la tecnica dell'olio su tela nel 1831. Le sue dimensioni sono di 201 × 290 centimetri. Con questo quadro di grandi dimensioni, Hayez volle tradurre in pittura il destino dei profughi della città Albanese di Parga, ceduta dagli inglesi all'impero ottomano nell'anno 1819, trasformando l'esilio in un dipinto di denuncia senza tempo. È conservato nella Pinacoteca Tosio Martinengo, a Brescia.

Quest'opera di grandi dimensioni si ispira a un poemetto omonimo scritto da Giovanni Berchet nel 1823 e basato su un evento storico avvenuto pochi anni prima, nel 1819. Fino a quel momento, Parga, in Epiro, era stata un protettorato britannico, ma nel 1819 gli inglesi decisero di cederla all'impero ottomano durante delle trattative per il controllo delle vicine isole Ionie. Gli abitanti di Parga, pur di non vivere sottomessi dai turchi, decisero di fuggire, migrando verso altre isole, come Cefalonia e Corfù.

L'opera ritrae i pargarioti che si apprestano a lasciare la loro città. Alcuni guardano tristemente le loro case in lontananza, situate sul promontorio sullo sfondo, mentre altri osservano gli occupanti ottomani che stanno per entrare nella loro patria. In primo piano si trova un gruppo di uomini e di donne dagli abiti tradizionali realizzati meticolosamente, mentre per terra si trovano due donne: una è seduta davanti a un teschio e guarda lo spettatore, mentre l'altra sta raccogliendo della sabbia per portarla con sé durante l'esilio. In basso a destra si trovano degli altri Albanesi che aspettano di imbarcarsi per fuggire. A dividere queste due parti dell'opera è la figura di un Sacerdote Ortodosso (riconoscibile dall'abito nero e dal copricapo) raffigurato mentre prega, a simboleggiare come la Fede Ortodossa di questi Albanesi non sia crollata neppure di fronte a un evento tale. 𓏙𓋹𓊽𓍑𓌀𓋴𓈖𓃀𓎟𓆖𓎛𓇳𓎛

DEREK 🔯🔥
https://t.me/DerekRasTafarI

BLOG SPOT ⬇️
https://giuseppecapparelli85.blogspot.com/2023/12/i-profughi-di-parga.html


"Una scena di strada al Cairo", di Jean-Leon Gerome


Dipinto: "Una scena di strada al Cairo", di Jean-Leon Gerome

Ad alcuni sembrerà strano, ma ci sono degli uomini nel dipinto che indossano la fustanella al Cairo in Egitto 𓆎𓅓𓏏𓊖.

Non tutti sanno che l’Egitto fu governato da un albanese. 

Si tratta del padre fondatore dell’Egitto moderno. Tutti lo conoscono con il nome di Muhhamad Ali Pasha, ma il suo nome erra Mehmet Ali. Era esattamente un’albanese di Korce! I suoi vivevano in un piccolo villaggio di nome Zemblak . 

Mehmet è nato nel 1769. Il suo mandato è durato dal 1805-1848, i soldati albanesi che lo seguirono provenivano da tutte le province albanesi.

Ancora oggi è il vero padre fondatore dell’Egitto moderno.

La fustanella fa parte dell'abito tradizionale albanese!!!!

𓏙𓋹𓊽𓍑𓌀𓋴𓈖𓃀𓎟𓆖𓎛𓇳𓎛

lunedì 11 dicembre 2023

QUESTA È SPARTA!!! ⚔


"Le nostre osservazioni su la parola Sparta, nome dell'altra Città, non hanno avuto altro risultato per ora, se non quello di dover ritenere, o che le terre vicine, o che il luogo dove la Città di Sparta fu edificata (abitata dalle antiche popolazioni Pelasgo-Albanesi), erano feraci di ginestre, poichè la parola Sparta in albanese dinota ginestra; onde 'Ckii dhee bën Sparta' dinota: Questa terra produce ginestra. 'Cktà gliuglie o lule jàan spartas': questi fiori sono di ginestra, o della ginestra. Quindi è da inferirsi che quei primitivi popoli dall'abbondanza della ginestra che si trovava in quel luogo, dove si determinavano a edificare la Città, abbian potuto trarre l'idea di chiamarla Sparta, la quale dopo l'invasione dei Fenici, prese il nome di Doria e gli abitanti Doriesi. La parola Dori o Dor in albanese ha doppia etimologia; ed entrambe coincidono tra loro in dimostrare il progresso o l'incremento che fece la lingua degl'invasori, e la stabilità e fermezza di quella dei così detti Pelasgi in conservare la propria, migrando da luogo in luogo, da monte in monte per non darsi al partito dei Fenici."
(S. Marchianò - filologo Arbëresh 🔯🇦🇱)

mercoledì 29 novembre 2023

MOJ E BUKURA MORE 🔯🦅🌙🐂


Gjaku ynë Arvanitë.

Questa canzone Arbёresh che in italiano vuol dire “Mia Bellissima Morea“ è una canzone che risale a 600 anni fa e parla di una storia triste, storia di un esilio di rifugiati dell'Arbёria Ortodossa 🔯🇦🇱 verso le terre italiane. Dopo la morte del loro Difensore Giorgio Kastriota Iskander-Bey sono costretti a fuggire in una terra lontana a causa dell'invasore turco.

La Morea è il nome antico del Poleponneso dei giorni moderni, che fu cambiato dai greci. Era una parte della terra in cui si stabilirono i primi popoli, che provenivano dall'Africa. Morèa è il toponimo che indica la terra in cui vi si erano stabiliti gli antichi mori 👦🏾👧🏾, di cui solo gli Arbëresh sono diretti discendenti.

“Mia Bellissima Morea” racconta la nostalgia, il dolore e il ricordo della patria persa per sempre; La Morea è il luogo da cui provenivano la maggior parte degli Arbëresh che oggi si trovano in Italia Meridionale.
Un po' come nei Salmi biblici quando il popolo del Signore fu esiliato dalle loro terre cantavano: "Sui fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion."

Nel video la canzone è cantata e suonata dalla signora Angela ⚔ Dell'Aquila 🦅

DEREK 🔯🔥
https://t.me/DerekRasTafarI



martedì 28 novembre 2023

NIKOLA TESLA ERA ARVANITA.


 

Gjaku ynë Arvanitë. 🔯🦅🌙🐂

Di nome, Nikola Tesla non era serbo. La sua famiglia era di Sanxhak, abitata ancora oggi da Arvaniti. A quel tempo Sanxhak era una regione della Bosnia, che a sua volta faceva parte dell'Impero Ottomano. Suo padre era analfabeta e in un giorno per Grazia di Dio divenne un prete Cristiano Ortodosso di nome Milutin. Il nome di sua madre era Gjuka, un nome arvanita.

A causa dell'espulsione serba contro gli albanesi, soprattutto a metà del XIX secolo, la sua famiglia si trasferì nel villaggio di Smiljan nella Croazia occidentale. Allora la Croazia faceva parte dell'Impero austro-ungarico. Nikola Tesla nacque lì il 10 luglio 1856.

La lingua arvanita non era in uso pubblico e le scuole albanesi furono proibite nel secolo XIX. Pertanto, Nikola Tesla ha dimostrato di conoscere la lingua serba e quella tedesca insegnate nelle scuole pubbliche, conservando la sua vera lingua solo con i suoi familiari, come oggi noi Arbëresh.

La sua famiglia aveva conservato il costume popolare arvanita come una cara e sincera eredità della propria origine. Il costume indossato da Nikola Tesla è tipico dell'Albania settentrionale o della Dardania. Indossò quel costume prima di partire per Praga nel 1880, poi per Budapest e Parigi, per arrivare a New York nel 1884. Nikola Tesla morì il 7 gennaio 1943 a New York, negli Stati Uniti.

lunedì 27 novembre 2023

VISITA ALLE CATACOMBE DI SAN GAUDIOSO DI NAPOLI 🔯🦅


Gaudioso di Napoli, o Gaudioso di Abitine e ancora Gaudioso l'Africano, al secolo Settimio Celio Gaudioso è un esempio di romano-Otodosso dell'Africa. 

Fu un vescovo e santo berbero ("I berberi del Nord Africa sono un altro ramo della razza Cuscita (Etiope)" - cit. Drousilla Houston), vescovo di Abitine, nella regione di Cartagine.

Dopo l'invasione dei Vandali il re Genserico lo prese prigioniero e gli propose di restare vescovo ad Abitine, se avesse aderito all'Arianesimo.
Gaudioso rimase saldo nell'Ortodossia e non volle convertirsi all'arianesimo e così re Genserico lo imbarcò, assieme ad altri vescovi Cristiani Ortodossi berberi, fra cui Quodvultdeus (letteralmente "quello che Dio vuole"), su vecchie navi in disarmo, senza vele né remi, mandandolo alla deriva. Attraversando il Tirreno approdò per Grazia di Dio a Napoli. Si stabilì poco fuori dalla città, sulla collina di Capodimonte, nei pressi dell'attuale Rione Sanità, dove costruì un Monastero Ortodosso. Morì in pace a Napoli.

DEREK 🔯🔥
https://t.me/DerekRasTafarI

mercoledì 22 novembre 2023

GIORGIO KASTRIOTA ISKANDER-BEY


 Gjaku ynë Arvanitë. 🔯🦅🌙🐂

"…se io ho lasciata la falsa fede di Maometto e sono ritornato alla Vera Fede di Gesù Cristo, io sono certo di aver scelto la miglior parte. Perché osservando i suoi santi comandamenti sono certo che l’anima mia sarà salva e non (come sostieni tu) perduta. Ti prego, per la salute dell’anima tua, di ascoltare da me ancora un ottimo consiglio. Degnati di leggere il Corano: cioè la raccolta dei precetti divini dove potrai facilmente vedere chi di noi sia in errore. E così ho speranza, se tu vorrai equamente considerare, che, vinto dalla ragione, ti sottometterai alla sacrosanta Fede Cristiana, soltanto nella quale tutti gli uomini che cercano di salvarsi si salvano e fuori della quale ogni altra si rovina."
-Giorgio Castriota Scanderbeg (Gjergj Kastrioti Skënderbeu)-

Giorgio si era ritrovato il privilegio di poter vivere una vita agiata grazie alle sue doti militari, eppure aveva deciso di condividere la miseria del suo popolo.

Ha preso la Via che lo aveva portato dal vestire abiti e uniformi ottomani a quelle sue locali, a sposare una donna arvanita, a vivere in una corte arvanita, a combattere con soldati arvaniti, a credere nella stessa Fede Ortodossa degli altri arvaniti, a morire per altri arvaniti, per vivere nella terra del suo popolo arvanita.

Gli eroi non sono quelli che vincono; quelli veri, perdono, muoiono, si sacrificano per una causa mistica che sovrasta un mondo triste e complicato. Ma questi non diventano un monito per non cogliere l’azione, anzi insegnano a scegliere un percorso, anche se insensato, affinché si compia ciò che è giusto per sé e per gli altri.

Onore al Campione di Cristo!

“Liri a vdekje”, “Libertà o morte”