domenica 29 settembre 2024

MATRËNGA 🗡🔯🇦🇱

 


🌿 I Matranga, Mataranga o Matrangolo (in albanese Matrënga) furono una nobile famiglia albanese Cristiana Ortodossa 🇦🇱 del XIII e XV secolo.

I membri di questa famiglia erano imparentati con i Muzaka della tribù albanese dei Molossi discendenti di Alessandro Magno, includono governanti locali, funzionari Cristiani Ortodossi e scrittori. Dopo l'occupazione dell'Albania da parte dell'Impero ottomano, buona parte della famiglia emigrò nel regno della Corona d'Aragona in Italia (Napoli e Sicilia) e in Grecia. I loro discendenti [tra questi vi è la mia famiglia dalla mia umile nonna paterna] vivono ancora oggi nei villaggi, paesi e cittadine di lingua albanese d'Italia (Arbërisht) di tutto il sud, dove continuarono a mantenere la lingua e la cultura degli antichi avi.

Numerosi luoghi della Grecia sono chiamati Matranga, centri di insediamento degli Arvaniti-Arbëresh, albanesi discendenti dei Matranga.

Stemma della famiglia Matranga: di verde o azzurro, al braccio armato movente dal fianco sinistro dello scudo impugnante una spada d’argento alta in sbarra, accompagnata nel canton destro del capo da una Stella a sei punte o una luna crescente dello stesso. La Stella a sei punte 🔯 rappresenta la Stella di Salomone e la loro discendenza ancestrale. La spada 🗡 simboleggia l'origine e la volontà guerriera della casata Matrënga, simbolo della funzione ordinatrice della coscienza, inoltre simboleggia la resistenza e l'impegno della casata Arbëresh dei Matrënga contro i turchi-ottomani, rappresentati dalla mezzaluna musulmana, eroicamente respinti dagli albanesi nel XV secolo.


sabato 28 settembre 2024

GIUSTINIANO I 🌿☦

 

Nella foto il dettaglio di un mosaico di ritratto contemporaneo dell'imperatore Giustiniano I, vestito con una clamide viola reale e stemma ingioiellato nella Basilica di San Vitale, Ravenna, Italia. 547 d.C.

Giustiniano I, noto anche come Giustiniano il Grande, fu imperatore romano d'Oriente dal 527 al 565 d.C. Di etnia albanese 🇦🇱 nacque intorno all'anno 482 a Tauresium, un villaggio dell'Illirico. 

Giustiniano è considerato uno degli imperatori romani più importanti e influenti e gli storici lo hanno spesso descritto come un maniaco del lavoro che lavorava instancabilmente per espandere l'impero Cristiano Ortodosso.

Uno degli aspetti più duraturi della sua eredità fu la riscrittura uniforme del diritto romano, il Corpus Juris Civilis, che fu applicato per la prima volta in tutta l'Europa continentale ed è ancora la base del diritto civile in molti stati moderni. 

Giustiniano fu senza dubbio un insigne statista, eccezionalmente colto e dotato di grande conoscenza teologica per cui il suo regno segnò anche la fioritura della cultura romana d'Oriente Cristiana Ortodossa in seguito. Il suo programma edilizio produsse opere come la Basilica di Santa Sofia in Costantinopoli.

A causa di rovesci militari e all'aumento delle difficoltà economiche, Giustiniano, ormai più che ottantenne, fu costretto ad assistere al crollo di tutte le sue speranze. La morte lo colse improvvisamente nel novembre del 565 d.C. La restaurazione dell’impero romano rimase un sogno inappagato.

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venerdì 27 settembre 2024

IL RITROVAMENTO DELLA VERA CROCE E L'ARRIVO DI UN SUO FRAMMENTO IN ETIOPIA

 

🌿 Oggi la chiesa Ortodossa celebra la commemorazione del ritrovamento della Vera Croce di Cristo. In Etiopia si celebra anche l'arrivo di un Suo frammento in suolo etiopico.

Morto Gesù e seppellito la sera del 15 Nisan, gli strumenti della crocifissione, ossia la Croce ed i chiodi, vennero sotterrati in una fossa o in una grotta vicina al sepolcro che Giuseppe di Arimatea aveva donato per ricevere le spoglie del Messia. Presso i Giudei era vietato seppellire i giustiziati nel cimitero comune: ciò era considerato profanazione. Dovevano essere seppelliti in luogo separato anche gli strumenti del supplizio: croci, chiodi, spade, sassi, ecc., perché disonorati dall'uso che se ne era fatto. Risorto Gesù ed asceso al cielo, il luogo del suo martirio divenne presto per i cristiani un luogo sacro. Vi affluivano spesso, isolati o in numero, per pregare su quella terra bagnata dal sangue del Redentore, per inginocchiarsi sopra la fossa che rinserrava il trofeo glorioso della Croce, per baciare la roccia su cui era stata adagiata la salma di Gesù. Il Golgotha, punto di attrazione per i seguaci di Gesù, dovette destare le attenzioni e le preoccupazioni dei Giudei e dei pagani che videro di malocchio quel santuario cristiano. L'imperatore Adriano (anno 117-138), divenuto negli ultimi anni della sua vita tiranno geloso e sospettoso, decretò la profanazione del Golgotha e del Santo Sepolcro per tener lontani i cristiani. Per suo ordine tutta la depressione che separava il Golgotha dal sepolcro di Gesù fu colmata di terra, in modo da chiudere l'ingresso al sepolcro e da far scomparire il Golgotha. Il luogo della crocifissione e della sepoltura di Gesù fu cinto da un argine e livellato con materiale di riporto. Su questa piattaforma Adriano fece costruire uno o forse due templi a Giove e a Venere. I cristiani, anche se non potevano più affluire al Calvario, non dimenticarono che la costruzione di Adriano nascondeva il luogo della Redenzione.


Quando poi sull'impero romano governava il giusto Costantino, nato da una nobile famiglia illirica-Arbëresh 🔯🇦🇱 a Nish della Dardania 🍐🇦🇱, fu chiamato Uguale agli Apostoli, avendo visto in visione nel cielo l'immagine della Croce di Cristo, come Paolo non ha ricevuto la sua chiamata dagli uomini ma da Cristo stesso. Convertito al Cristianesimo ha messo nelle mani di Cristo la città imperiale e per dimostrare il suo amore verso il Signore, Costantino decise di costruire una grande basilica sul Golgotha e sul sepolcro di Gesù.


Durante la demolizione dei templi di Adriano e per riportare alla luce il Golgotha e la grotta del Santo Sepolcro giunse a Gerusalemme la madre dell'imperatore Costantino, Sant'Elena, convertita da tempo al Cristianesimo, con il santo e generoso proposito di ritrovare la Santa Croce di Cristo.


La ricerca era difficile ed Elena era molto rattristata, ma il Signore la ricompensò delle sue premure: un giorno, quelli che erano con lei videro illuminarsi il suo volto, mentre la regina emetteva un grido di gioia. Fece un segnale, indicò un luogo e gli operai si misero a scavare il terreno. Elena, inginocchiata, pregava Gesù di esaudire i voti ardenti del suo cuore. Giunti ad una certa profondità, comparve una tavola coperta di terra con 4 parole incise in Ebraico, Greco e Latino. Era l'elogium che Pilato aveva fatto incidere sulla croce di Gesù: Gesù Nazareno Re dei Giudei. Mentre Elena piangeva e baciava la tavola gloriosa, gli operai estrassero le tre croci e, a parte, le iscrizioni dei due ladroni.

La gioia che riempì l'animo di Elena e degli astanti per il ritrovamento venne amareggiata dal fatto che non si poteva discernere quale delle tre fosse la croce del Signore.

Macario, Santo vescovo di Gerusalemme, ebbe l'idea felice di far portare le tre croci nella casa di una moribonda. Lo storico Rufino ci ha conservato la preghiera che il vescovo pronunciò in quel momento emozionante:

<< Signore, tu che concedesti la salute al genere umano per la morte in croce del Figlio tuo Unigenito e che ora hai ispirato alla tua serva di cercare il legno beato ove fu sospesa la nostra salvezza, mostraci con evidenza quale delle croci servì per la gloria divina e quali furono supplizio dei malfattori. Fa che questa donna, che giace sul letto semiviva, al tocco del legno salutare sorga subito dalla morte imminente alla vita>>.

Ciò detto, il vescovo si alzò e con una croce toccò il corpo della morente, la quale seguitò a dibattersi negli spasimi dell'agonia. La toccò con la seconda e il risultato fu il medesimo. Ma appena fu toccata dalla terza croce l'inferma, come scossa da un'energia, improvvisamente aprì gli occhi, saltò dal letto e cominciò a camminare per la casa glorificando Dio per la guarigione.

La tradizione di Costantinopoli racconta che la Croce di Cristo profumava di Basilico.


Durante il regno di Dawit I d'Etiopia, due mercanti, si presentarono al sovrano etiopico a nome di un re dei Franchi. Il Re d'Etiopia chiese loro dove fosse il legno della Croce che Elena aveva trovato sul Calvario ai tempi del fedele Costantino, gli interrogati risposero che i re dei Franchi se lo erano divisi tra loro in piccoli pezzi.

Dopo un po' di tempo, giunsero in Etiopia, insieme al Metropolita Bartolomeo, dei messaggeri del re dei Franchi i quali, interpellati al proposito da Dawit, riferirono al sovrano le medesime cose che avevano detto i precedenti riguardo al legno della Croce. Il sovrano allora inviò uno di questi messi, di nome Abrehan, con mille pezzi d'oro, affinché gli portasse il legno della Croce di Cristo.

L'inviato, partito dall'Etiopia il 9 del mese di Terr, e imbarcatosi ad Alessandria per andare nel paese dei Franchi, ritornò ad Alessandria a causa di un naufragio e si presentò, qualificandosi come messaggero del re d'Etiopia, al governatore della città cui espose le sue vicissitudini.

Quando il governatore di Alessandria vide che era molto preoccupato gli diede una nave; quell'ambasciatore salì sulla nave, partì, e giunse dal re di Bandaqeya (Venezia) di nome Michele Steno, doge di Venezia (1400-1413). Quando il re vide, si alzò dal suo trono, gli rese omaggio, e gli chiese la storia della terra d'Etiopia. Anche la sua sposa la regina, avendo sentito questo, si meravigliò grandemente. La richiesta rivolta al doge di Venezia fu esaudita e un pezzo del legno della Croce, insieme con altre reliquie e preziosi doni, furono inviati al Patriarca di Alessandria Matteo con una missiva, affinché li trasmettesse a sua volta, con la propria benedizione, al re d'Etiopia. Il Patriarca accomiatò quindi l'ambasciatore e lo benedisse affinché il Signore assecondasse il suo cammino. E giunse senza inciampo, in buona salute, nella terra d'Etiopia. Quando il re di Etiopia udì che era giunto l'ambasciatore del re di Bandaqeya con il Santo Legno della Croce, esultò di grande gioia, batté le mani, danzò con i piedi e girò attorno alla chiesa glorificando e salmeggiando con i sacerdoti, i capi del suo esercito e tutti i suoi ufficiali che erano con lui. Anche l'Abuna, il Metropolita abba Bartolomeo e l'Abuna il vescovo abba Marco, si pararono con le loro vesti sacerdotali, la cui bellezza rapisce gli occhi, e i sacerdoti del tabernacolo di destra e di sinistra, essendosi coronati con le loro corone bianche, accolsero il Legno della Croce di Cristo con onore e gloria. E la preziosa reliquia fu portata nella chiesa di Michele che lo stesso re aveva costruito. Le celebrazioni, molto solenni, si protrassero per otto giorni.

Buona festa della Croce!!! Che Dio ci protegga. 🙏🏾

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domenica 22 settembre 2024

LA MADONNA D'ITRIA

 

La presenza del Cristianesimo Ortodosso nel Sud Italia risale fin all'epoca apostolica, e nonostante fu perseguitata e totalmente spazzata via dalla chiesa cattolica romana, ancora oggi, in molte zone del sud Italia si venerano molte icone, che secondo la tradizione, furono trasportate in questi luoghi dai monaci Ortodossi da Costantinopoli o altri centri Ortodossi d'Oriente. Il caso più noto e caratteristico è quello della Madonna d'Itria o Odigitria, protettrice della Sicilia.

Nelle storie dell'arrivo di tali icone in Occidente, malgrado la totale cattolicizzazione del territorio, vi è quel lontano ricordo di un tempo in cui il Sud Italia era Ortodosso, e in alcuni dipinti ricorre il topos letterario di due monaci Ortodossi che portano in salvo via mare l'Immagine della Vergine nascosta in una cassa: per questo motivo, nelle rappresentazioni di Nostra Signora di Costantinopoli spesso la figura di Maria con il bambino Gesù appare spuntare da una cassa portata in spalla da due anziani monaci Ortodossi (Calogeri), come nel caso del dipinto di Antonello Riccio "La Madonna di Costantinopoli (d'Itria)" venerata nella chiesa di Santa Caterina di Valverde a Messina. Simon Pietro e Paolo di Tarso stanno a sinistra e a destra a simboleggiare l'appartenenza e la continuità apostolica Ortodossa dell'Immagine venerata e portata in spalla dai monaci Ortodossi.

sabato 21 settembre 2024

STATH MELANI ☦🇦🇱

 

Stath Melani nacque il 18 settembre 1858 a Melan, nel distretto di Përmet, Albania. È stato un sacerdote Ortodosso albanese che ha partecipato al Congresso di Manastir e ha contribuito a diffondere la conoscenza della lingua scritta albanese nell'Albania meridionale. Era una persona fiammeggiante, saggio e coraggioso, e testardo nel combattere per i diritti degli albanesi durante il periodo del sultano Abdul Hamid II. 

È famoso per la sua insistenza nel predicare agli Albanesi il Sacro Vangelo di Cristo in lingua Albanese e di celebrare la Santa Liturgia in lingua Albanese e non in greco, in modo che anche le persone povere e ignoranti avrebbero potuto comprendere con chiarezza la Parola di Cristo nella loro lingua madre.

Fu ucciso il 24 dicembre 1917, da un gruppo di nazionalisti greci istigati dai metropoliti greci, per aver insistito sull'uso della lingua albanese nella Liturgia Ortodossa locale. Lo accerchiarono e lo decapitarono e la sua testa fu inviata in Grecia.

La morte di Stath Melani causò un'ondata di proteste nell'Albania meridionale.

Le gesta e le azioni di Stath Melani sono cantate in ballate dagli albanesi. Una strada e una scuola a Përmet prendono il nome da lui.

mercoledì 18 settembre 2024

SAN ASTIO DI DURAZZO (Shën Asti) ☦🇦🇱

 

La figura di Sant'Asteio di Durazzo, vescovo e martire vissuto durante l'impero di Traiano (98-117), si erge come un faro di fede e coraggio nel panorama dei primi secoli del Cristianesimo. La sua storia ci offre spunti preziosi per comprendere la tenacia e la resilienza dei primi cristiani di fronte alle persecuzioni.

Asteio di Durazzo, detto anche Astio o Aberisto fu vescovo di Durazzo, un'importante città portuale dell'Illirico (l'odierna Albania) durante il regno dell'imperatore Traiano. In quel periodo, l'impero romano era caratterizzato da una forte intolleranza verso il Cristianesimo, e i cristiani erano spesso perseguitati.

Secondo la tradizione, Asteio fu arrestato su ordine del prefetto dell'Illirico, Agricolao, per essersi rifiutato di adorare i simulacri del dio Dioniso. Al suo rifiuto, il santo venne barbaramente flagellato e quindi fu legato ad una croce, cosparso di miele e lasciato al caldo e agli insetti fino alla morte. Stando alle fonti, il martirio avvenne intorno l'anno 100.

Proprio in quei giorni un gruppo di cristiani, Luciano, Esichio, Papio, Saturnino e Germano, sfuggiti alle persecuzioni locali e desiderosi di rifugiarsi a Durazzo, si imbatterono nel cadavere di Asteio martirizzato sulla croce. Confortati dal suo sacrificio, non ebbero timore di dichiararsi seguaci di Cristo e vennero tutti uccisi.

La storia di Sant'Asteio rappresenta un esempio emblematico della fede incrollabile e del coraggio dei primi cristiani di fronte alle persecuzioni. La sua scelta di rimanere fedele ai propri principi, anche di fronte alla tortura e alla morte, testimonia la profondità della sua fede e la sua incrollabile convinzione nei valori cristiani.

Sant'Asteio è venerato come santo e martire dalla Chiesa Ortodossa. 

La figura di Sant'Asteio è particolarmente sentita in Albania, dove è considerato un patrono nazionale. La sua tomba si trova nella cattedrale di Durazzo, dove è meta di pellegrinaggio per devoti provenienti da tutto il mondo.

lunedì 16 settembre 2024

IL SECONDO ASSEDIO DELL'ACROPOLI (1826–1827)

 

Il secondo assedio dell'Acropoli durante la rivolta Arvanita-Arbëresh comportò l'assedio dell'Acropoli di Atene da parte delle forze dell'Impero ottomano, l'ultima fortezza ancora detenuta dai ribelli Arvaniti-Arbëreshë nella Grecia centrale.

"Atene era solo un villaggio albanese. Quasi tutta la popolazione dell'Attica è considerata ed è composta da albanesi. A tre leghe di distanza (14,5 Km) dalla capitale ci sono villaggi che capiscono a malapena il greco." (Empire Newspaper 5 Maggio 1863)

Dopo la caduta di Missolonghi nella Grecia occidentale, Atene e l'Acropoli rimasero le uniche roccaforti in mano agli Arvaniti-Arbëresh nella Grecia continentale al di fuori del Peloponneso. Di conseguenza, dopo la sua vittoria a Missolonghi, il comandante in capo ottomano, Reşid Mehmed Pasha, si rivoltò contro Atene. L'assedio iniziò il 25 agosto 1826 e seguì da vicino l'esperienza di Missolonghi: gli ottomani istituirono un blocco molto stretto e bombardarono la collina, mentre gli assediati li molestavano con frequenti sortite notturne e minandoli. Gli Arvaniti-Arbëresh assediati furono riforniti e rinforzati da piccoli distaccamenti inviati attraverso le linee ottomane dal principale esercito Arvanita, sotto il comandante Gjergji Karaiskaki, che si era stabilito intorno a Eleusi, Pireo e Falero a sud di Atene. Gli Arvaniti-Arbëresh lanciarono vari attacchi contro la retroguardia dell'esercito ottomano e le sue linee di rifornimento, in particolare la vittoria nella battaglia di Arachova a novembre; questa strategia fu modificata a favore di attacchi diretti all'esercito ottomano, con conseguente battaglia di Kamatero a febbraio.

La vittoria ottomana a Falero (Analatos) il 24 aprile (Giuliano) 1827 pose fine a ogni possibilità di soccorso e la guarnigione dell'Acropoli si arrese un mese dopo.

Dipinto: Assedio dell'Acropoli di Georg Perlberg

mercoledì 4 settembre 2024

⛪ CHIESA DI AGHIOS ATHANASIOS DI MUZAKI (Musachi) 🇦🇱

 

Vicino alla chiesa metropolitana di Kastoria nel nordovest della moderna Grecia, in un luogo in cui fino a poco tempo fa era territorio Albanese, in un punto centrale della città, si trova la piccola chiesa Ortodossa di Agios Athanasios di Muzaki, uno dei monumenti Ortodossi più importanti della zona.

Secondo l'iscrizione di fondazione che sopravvive sul muro occidentale, la chiesa fu costruita e dipinta negli anni 1383-1384 dai fratelli Stoia e Theodoros Mouzakis, insieme al sacerdote-monaco Dionisio. I due fratelli erano membri della famiglia albanese Muzaki, che dominava la zona di Kastoria in quel periodo, prima dell'occupazione ottomana e prima che il territorio fosse preso dal moderno stato greco. Il nome "Muzaki" o "Musachi" deriva dal nome "Molossachi", antichi membri delle tribù albanesi dell'Epiro conosciuti come i Molossi di cui la famiglia Muzaki era diretta discendente e da cui proveniva la famiglia di Alessandro Magno.

È una piccola chiesa Ortodossa a navata unica, con tetto in legno e un nartece a ovest che fu eretto in un secondo momento. Al suo interno ci sono molte icone con un intenso carattere narrativo. Ci sono scene della vita di Cristo e della sua passione, così come molte figure isolate di santi, tra cui santi locali e principalmente militari. Di particolare interesse la rappresentazione della Preghiera, dove Cristo è raffigurato in abito sacerdotale come Sommo Sacerdote e la Vergine Maria in abito imperiale. Nel 1951 il monumento fu restaurato.